
Il governo siciliano ha recentemente annunciato un piano di incentivi fino a 50.000 euro, tra borse, alloggi e altre misure, per promuovere l’attrattività dei propri atenei. L’iniziativa, accolta con favore dalla presidenza della Regione, mira a mantenere i giovani nella propria terra e ad attrarre nuove leve universitarie.
“Servono incentivi post laurea”
Il nostro direttore, Alessandro Giuliani, intervistato ai microfoni di Sestarete, ha offerto la sua prospettiva su questi incentivi e sulle sfide future legate alla cosiddetta “fuga dei cervelli” e all’occupazione post-laurea.
Ecco le sue parole: “Non si può che dare atto alla presidenza della regione di aver intrapreso un percorso innovativo utile a mantenere appunto i ragazzi nella propria regione, addirittura, come dicevate voi, nel poter magari addirittura far acquisire nuove nuove leve universitarie. Io guarderei però in prospettiva; il ragazzo si laurea con l’agevolazione, con il supporto dei fondi regionali, va benissimo. E poi cosa accade? Ecco, quando si parla di fuga dei cervelli oppure di emigrazione in al nord, ecco, servirebbe oltre questo sforzo meritevole, ripeto, della Regione Sicilia, anche un investimento a livello di impiego di persone, di lavoratori intellettuali. Ecco, questo chiuderebbe il cerchio perché questa iniziativa, a nostro modo di vedere sicuramente aumenterà non so se il 10 o il 20% il numero di matricole che arrivano poi a compimento. Sappiamo che soprattutto nella fase iniziale della dell’università, nei primi 2 anni c’è il pericolo maggiore di abbandono. Ecco, questo potrebbe essere un un incentivo a non farlo e ben venga. Però ecco secondo il nostro modo di vedere servono anche incentivi post laurea, perché altrimenti è inevitabile, soprattutto per questo genere di competenze che non hanno un’altissima spendibilità e poi di poter assistere semplicemente a un rinvio dell’emigrazione”.
Ma così è possibile che studenti da altre regioni si trasferiscano in Sicilia per gli incentivi, ma poi lascino l’isola dopo la laurea? “Eh sì, diciamo che il risultato è lo stesso, non è una cifra così, come dire, ridotta. Ecco, va ricordato, non so se l’avete fatto, che c’è comunque un tetto ISEE abbastanza importante che è di €20.000. Ecco, è un tetto che sicuramente va a qualche modo salvaguardare gli indigenti, le famiglie meno fortunate, i ragazzi che appartengono a famiglie meno meno ricche. Però non è un tetto altissimo, che potrebbe creare qualche dissapore. Detto questo è anche vero che potrebbero arrivare da fuori e però questo arrivo di studenti da fuori regione, non so, da, mi viene in mente, ad esempio dalla dalla Calabria che non è poi, insomma, così distante potrebbe provocare, per esempio, alla stessa alla stesso ateneo di Messina potrebbe comunque non cambierebbe la sostanza al termine dei 4-5 anni canonici il ragazzo si ritroverebbe comunque di fronte a un bivio importante. Faccio l’esempio della scuola. Ecco, noi su questo siamo molto ferrati e sappiamo benissimo che l’80% di insegnanti che lavora al nord che sulle cattedre vacanti sono proprio insegnanti da Roma in giù. Ecco, questo è emblematico. Parliamo di decine e decine di migliaia di insegnanti, soprattutto di materie STEM, ma anche su sostegno, inglese e altre discipline e che partono e poi si intraprende quel percorso che sappiamo di precarietà e di desiderio quasi sempre di rientrare e che poi si scontra con la realtà”, ha aggiunto.
Quanto incide il costo economico dell’università sull’accesso agli studi universitari? Ecco la risposta di Giuliani: “Allora, le università pubbliche non hanno dei costi altissimi, soprattutto se si legano sempre all’ISEE e parliamo di una quota attorno ai €200 mensili e appena ci si avvicina a università di un certo livello i costi diventano almeno cinque volte superiori. Parliamo di un migliaio di euro al mese; però io sono convinto che un ragazzo motivato, un ragazzo anche se non fortunato, non appartenente a una famiglia ricca, può comunque benissimo proseguire gli studi. Comunque va detto che negli ultimi anni il tasso di iscritti si è ridotto anche considerando che i costi si sono incrementati, ma non credo che sia una discriminante, come dire, drastica che va a incidere in maniera così forte per lasciare l’università, quando non c’è tanta motivazione, quando non si è molto convinti o non si ha voglia di studiare, diventa anche, se vogliamo, un pretesto. Però, ecco, queste cifre attorno ai €200 al mese credo che siano tollerabili da tutti”.
La Regione Siciliana può agire fino ad un certo punto
Secondo il direttore della Tecnica della Scuola la Regione Siciliana potrebbe fare ancora molto: “Investire sui posti di lavoro. Ad esempio, le aziende, ce ne sono sicuramente anche in Sicilia, che richiedono lavoratori dipendenti, una volta si diceva dai colletti bianchi, dovrebbero avere, ad esempio, degli sgravi fiscali per un lungo periodo. Questa è la prima cosa che può venire in mente. Un’azienda purtroppo, sappiamo bene che non sempre può avere almeno €50.000 l’anno da investire su un giovane e questo può essere sicuramente più fattibile come obiettivo a breve termine, a lungo termine logicamente aumentare i numeri di posti di lavoro, ma questo è un discorso che riguarda più l’amministrazione del Governo centrale”.