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Priorità alla scuola? A leggere i numeri della legge di Bilancio non sembrerebbe essere così

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Dopo nove mesi di pandemia, purtroppo dobbiamo constatare che a questa domanda  la risposta è un secco No. La priorità alla scuola non la si è data con la legge di bilancio 2021. E forse non la si intende dare nemmeno con il Recovery Plan di cui di duecentonove miliardi solo 10,1 sono destinati all’istruzione.

Di 108 miliardi di scostamenti di bilancio fatti durante la pandemia, a parte quelli per i banchi a rotelle e qualche device, per la scuola non si è visto un euro. Non si è pensato di investire in un serio piano di edilizia scolastica che, in qualche anno, potesse rimettere in piedi il sistema Scuola. E non si è pensato ad assumere i docenti precari che da anni insegnano su posti vacanti.

A parole per tutti, la Scuola rappresenta una “priorità” per il Paese; in realtà però, né la legge di Bilancio 2021 né il Piano Nazionale di Ripresa e resilienza del Next generation Italia, mettono in campo gli investimenti che servirebbero davvero.

<<Con la legge di Bilancio consegneremo al Paese una scuola nuova, più sicura, più moderna, il giusto ambiente in cui costruire il futuro delle nuove generazioni>>, è il commento della Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina. Che fornisce anche una cifra significativa: 3,7 miliardi di euro.

Un miliardo e mezzo di investimenti per l’edilizia scolastica “per la realizzazione di nuove scuole ma anche per la messa in sicurezza di quelle con maggiori carenze strutturali”.

I restanti 2,2 miliardi di euro per la spesa corrente; in più 60 milioni per la riforma della scuola dell’infanzia (0-6) e 40 milioni per la digitalizzazione della scuola.

Oltre a “un obiettivo ambizioso”: mettere a disposizione delle scuole una piattaforma digitale unica da usare per la didattica a distanza. Quella piattaforma unica che finora non c’è stata costringendo studenti e docenti a tenere i propri documenti e i propri dati in California da Google.

Tuttavia, per l’ex Ministro dell’Istruzione Fioramonti, dimessosi il 25 dicembre 2019 proprio perché per Istruzione e Università nella legge di Bilancio 2020 non erano stanziate le risorse che servivano, anche la legge di Bilancio 2021 approvata qualche giorno fa rappresenta un’occasione persa: <<Quando la pandemia sarà sotto controllo e si tornerà alla “normalità”>>, scrive su Facebook, <<si riaffermeranno … i parametri economici che abbiamo imparato a conoscere in questi anni (pareggio di bilancio, deficit, debito) e quindi dovremo varare dolorosi piani di rientro … Questa Legge di Bilancio era l’ultima manovra espansiva a disposizione. Quella necessaria per rilanciare il Paese verso un nuovo progetto di sviluppo. E invece così non è stato>>.

Nella legge di Bilancio c’è anche un piano di assunzioni di 25 mila docenti di sostegno, che sarà accompagnato dallo stanziamento di appositi fondi per la formazione del personale (anche se ancora i fondi non ci sono), ma in tutto ciò non si dice niente e nulla si fa  per i 200 mila precari che quest’anno sono stati necessari per coprire i posti vacanti. I concorsi restano bloccati. Come bloccato resta pure il rinnovo del contratto degli insegnanti scaduto nel 2018 e per il rinnovo del quale vengono stanziati – per tutto il pubblico impiego – solo 400 milioni di euro, per un aumento netto in busta paga di poco più di 10 euro al mese.

Ci dicono però: ci sono i soldi del Next Generation UE. Sarà vero?

Per capire cosa davvero c’è per Istruzione e Ricerca nel documento intitolato “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, sottotitolo: “#Next generation Italia”, bisogna arrivare fino alla 67a pagina delle 125 pagine che compongono il documento.

Qui si capisce che, per l’Istruzione l’Università e la ricerca: <<Per quanto riguarda gli investimenti …, sono distribuiti su 6 progetti per un ammontare complessivo di risorse pari a 19,2 miliardi di euro>>. Di cui: 10,1 miliardi all’Istruzione e 9,1 miliardi di euro per Ricerca e l’Università.

In pratica, di 209 miliardi di euro del Recovery Fund solo 10,1 miliardi per Istruzione. Meno del 5%. Mentre, per progetti su “Parità di genere, l’equità sociale e territoriale”, si prevede di spendere 17,1 miliardi di euro. Allora viene da chiedersi: ma di avere un sistema di istruzione e formazione che funzioni davvero in questo Paese a qualcuno interessa più a qualcuno?

Giuseppe Candido