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Prof colpita con pistola ad aria compressa, un papà: “La scuola non ci ha permesso di contattarla. Ho tolto il telefono a mio figlio”

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Ancora aggiornamenti sul caso di Maria Cristina Finatti, docente dell’istituto superiore Viola Marchesini di Rovigo che è stata colpita più volte da alcuni colpi di una pistola ad aria compressa sparati da alcuni studenti nel corso di una lezione.

A distanza di mesi dal grave accaduto la docente è uscita allo scoperto annunciando di aver intenzione di denunciare tutti gli studenti della classe, 24, che a quanto pare avrebbero organizzato il tutto per confezionare un video da postare sui social. Questi studenti, come abbiamo riportato, non sono stati ancora nemmeno sospesi.

A parlare è adesso il padre di uno dei ragazzi, di prima superiore, coinvolti nel fatto. Questo ha rilasciato alcune dichiarazioni a Il Corriere del Veneto, facendo alcune accuse alla scuola. Secondo quest’ultimo l’istituto non avrebbe consentito ai genitori di contattare la docente, che di recente si è appunto lamentata della scarsa considerazione ricevuta da studenti e genitori.

La punizione del genitore

“Mio figlio è esploso in lacrime. Ha pianto per giorni. L’ho rimproverato e poi punito togliendogli il cellulare. Si è reso conto di quanto accaduto con la denuncia della professoressa avvenuta nei giorni scorsi”, ha esordito, spiegando qual è stata la reazione del figlio e come lo ha punito.

“Ma in tutta questa storia, che condanno pesantemente senza accusare nessuno, devo dire che la scuola non è stata conciliante nell’aiutare le famiglie coinvolte a scusarsi con la prof”, ha sottolineato.

“Ho chiesto agli esperti, a cominciare dalla psicologa, di potermi scusare personalmente con la docente ma mi è stato risposto che per motivi di privacy non potevo avere indirizzo o numero di telefono. L’esperta mi ha perciò consigliato di mettermi in contatto con l’istituto. Ho provato a parlare con la preside, avevo chiesto se era possibile organizzare un incontro a scuola per formalizzare le scuse ma sono sempre stato rimpallato e alla fine mi hanno detto di mandare una lettera che loro avrebbero inoltrato. E li ho desistito, perché non ho trovato collaborazione”, questo il racconto del genitore.

“I ragazzi hanno capito a distanza di tempo”

Sembra che la denuncia fatta dalla prof abbia permesso agli studenti coinvolti di aprire gli occhi e capire la gravità del loro gesto: “I ragazzi sono tutti preoccupati, non solo mio figlio. Una volta raggiunti dalla notizia della denuncia hanno realmente capito a distanza di mesi quello che hanno fatto”.

“Le sanzioni, cioè i giorni di sospensione, non sono state applicate è vero. Ma la scuola non è rimasta inerme: subito dopo il fatto, la classe ha partecipato a incontri di gruppo con gli psicologi, e anche sedute con singoli alunni e genitori”, ha concluso.