Home I lettori ci scrivono Quali le cause di decadenza e degrado culturale?

Quali le cause di decadenza e degrado culturale?

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In una chiacchierata amicale mi si è sottolineato del come la Scuola ha l’assoluto obbligo e dovere di innovarsi, soprattutto nel linguaggio, uniformandosi al moderno linguaggio del digitale. Tutto passa oramai da un bit e da un click. E così la nostra narrazione si trasforma, si innova, si rinnova, trovando nel codice binario 01 la sua radice etimologia.

Quindi tutto e tutti incanalati nel dentro di un sistema analogico che nella Rete ha il suo luogo, il suo spazio, il suo riconoscimento. La sua appropriazione.

Non ci sono luoghi e spazi per altri linguaggi, altre identità. Non vi è più, forse, posto per una antropologia che avuto come soggetto e oggetto una umanità raccolta nella sua identità comunitaria riconosciuta attraverso tradizioni, simboli e riti. Perché la nuova antropologia trova nel nostro odierno, come soggetto e oggetto del suo studio, l’Uomo continuamente alla ricerca di nuovi territori simbolici da coltivare. Mondi alternativi la cui via di fuga è soprattutto all’interno del mondo digitale, o piuttosto sui suoi, “schermi”. Un Uomo che si presenta senza più certezze rispetto alla sua identità, alla sua identificazione sessuale, a un’ideologia, a una professione, ai rapporti istituzionali (familiari, coniugali, partitici), e cerca, piuttosto rifugio nell’appartenenza a gruppi ristretti che, come nicchie, gli garantiscono quella sicurezza che l’identità non è più in grado di dare: tribù di persone che si riuniscono per condividere delle passioni, esseri umani che si raccordano e si riconoscono come comunità intorno a delle immagini simboliche riconducibili ad archetipi e miti immutabili incarnati oggi in nuovi stereotipi e di conseguenza cristallizzati in forme precarie ma riconoscibili. La società attuale trova nel click, nella connessione, nella consumazione comunitaria, una forma di incontro, di aggregazione, di “ritribalizzazione”.

E credo sia in questa considerazione-riflessione che è da trovarsi la radice che innesca quanto da giorni leggiamo o veniamo informati dai mass media: una professoressa che viene pistolettata, o un professore che al contempo offende la dignità anche quando è fragilità, è differenza, e altro ancora. E un Ministro che attribuisce il tutto ai tre anni Covid. Dio! Ma è possibile che si continui come lo struzzo a lasciare la testa sotto la terra del qualunquismo o della ibridità politica!?

Non credo che sia nella Scuola il trovarsi delle ragioni o delle responsabilità, ma in un altrove molto vicino ad essa, complice della decadenza e del degrado culturale nel quale nuotiamo: scelte politiche, famiglia, genitori, ecc.

Scrivevo che mi si è rimproverato di essere una generazione dietro al nuovo che avanza velocemente, e per cui forse faccio fatica a comprendere, relazionarmi, perché la mia età anagrafica non può essere in linea al passo delle nuove generazioni. Eppure, comunque sia, un computer funziona se qualcuno lo rende funzionale. Direi acceso.

Resta il fatto, che la sostituzione del linguaggio, la nuova forma di relazione sociale, si presenta povera se non mancante di un pensiero critico che nasce dalla elaborazione mentale, razionale, direi di un logos assente, che ha sempre accompagnato e posto la differenza tra gli esseri viventi in natura.

Il latino non serve, la filosofia non serve, la matematica e la fisica devono essere rivisitate nel loro modello didattico. Eppure, queste discipline, compresa la storia quale narrazione dell’uomo, ci hanno portato sin qui. Producendo rivoluzioni culturali e sociali, che hanno generato i diritti civili che permettono, ad ognuno, il riconoscimento della dignità, nelle sue differenze, e quel pensiero critico che ha prodotto il progresso industriale, la conquista di mondi, lontani anni luce da noi, in grado di essere esplorati, le tante conquiste sociali e scientifiche.

Forse, dovremmo ritrovare la strada smarrita dell’antica antropologia, sociale e culturale, che, paradossalmente, proprio grazie al bit ci immette nel “mondo nuovo” del XXI secolo.

Mario Santoro

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