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Quante ore lavora un insegnante a settimana? Da contratto 18, ma in realtà 35: “Siamo sempre connessi”, lo studio

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Quanto lavoro sommerso svolgono i docenti? Tantissimo: a rivelarlo, anche se per molti è cosa risaputa, una ricerca del Cidi, il Centro di iniziativa democratica degli insegnanti, come riportato da La Repubblica, che ha condotto un’indagine attraverso un questionario somministrato a oltre mille e 800 docenti di Torino, Palermo e Napoli.

La ricerca

Il Cidi esplora tutte le attività previste dall’attività di insegnamento nei due ambiti in cui si svolgono: a scuola e fuori dalla scuola. L’associazione analizza i dati dei diversi impegni orari raggruppandoli in fasce: da 1 a 3 ore mensili, da 4 a 6, da 7 a 10, da 11 a 15 e da 16 a 20 e oltre. Quelle più rappresentate sono le prime due (da 1 a 6 ore mensili) per quasi tutte le attività. Ma un docente su quattro va oltre.

Per la preparazione delle lezioni e delle attività didattiche, la compilazione del registro elettronico, la partecipazione alle riunioni degli organismi collegiali e delle commissioni, i ricevimenti e le comunicazioni, formali e informali, con i genitori e per collaborare con il dirigente scolastico o con il suo staff e seguire le comunicazioni che arrivano dalla dirigenza scolastica, in media, i docenti italiani vengono impegnati per 42 ore al mese all’infanzia, 55 ore alla primaria, 59 alla media e 62 al superiore. Pari a circa 10 ore aggiuntive settimanali alla scuola dell’infanzia, 13 ore alla primaria e 14 alla media e al superiore. Un impegno che porta il lavoro a 35 ore a settimana all’infanzia e alla primaria, a 32 ore nella scuola secondaria.

Un dato che salta all’occhio riguarda gli orari e i giorni in cui gli istituti effettuano le comunicazioni ai docenti (anche tramite email, WhatsApp o al telefono) e i genitori contattano gli insegnanti: per circa metà degli intervistati anche nei giorni festivi e di riposo.

Una docente ha detto: “Abbiamo la sensazione di trovarci sempre connessi, sempre a disposizione di dirigenti scolastici, colleghi, genitori e studenti, professionisti esterni alla scuola, reti territoriali e altri attori del sistema scuola. E di non riuscire a staccare realmente dal lavoro scolastico, perché di fatto lo siamo continuamente, non solo attraverso gli strumenti istituzionali e formali: email, piattaforme, bacheche di registri elettronici, pagine drive di condivisione di progettazioni e documentazioni didattiche. Ma anche attraverso gli strumenti personali, cellulari e relative applicazioni di messaggistica istantanea, e questo aggettivo rende bene l’idea”.

Docenti stressati, per quali motivi?

Dall’indagine emergono anche i motivi di malcontento della categoria. Emerge l’eccessivo carico di mansioni burocratico-amministrative costretti a svolgere durante l’anno.

E a complicare le cose la gestione degli alunni difficili, che i docenti devono seguire facendo ricorso alle proprie conoscenze e competenze; le pressanti richieste, spesso contrastanti, che provengono dai dirigenti e dagli elementi del proprio staff, le carenze d’organico, che si ripercuotono sull’organizzazione generale del lavoro e le modeste retribuzioni.

Tre i fattori che invece influiscono maggiormente sulla soddisfazione del fare scuola: rapporti con gli studenti, il senso di utilità del proprio lavoro e la stabilità occupazionale.

Il registro elettronico ha conseguenze negative?

La colpa è del registro elettronico? Secondo il docente Rocco Dedda, anche divulgatore sui social con Un quarto d’ora con il Prof sì: “È onnipresente: fai l’appello, segni le entrate in seconda ora, le uscite anticipate. Poi consulti le circolari della scuola, carichi il materiale didattico. Tutte operazioni che richiedono tempo: sulla cattedra ho un tablet costantemente acceso. Non da ultimo inserisci le valutazioni che i genitori consultano in tempo reale. E qui si apre un altro tema”.

“Se il voto è basso si preoccupano: è comprensibile, perché cercano di capire come il figlio può recuperare. Così cercano un contatto immediato con il docente. Nel mio caso, se hanno bisogno possono prenotare un incontro attraverso il registro elettronico (ecco un altro utilizzo). E il colloquio può avvenire anche a distanza: così è l’ennesima ora di connessione, ma aiuta a velocizzare le comunicazioni”, ha aggiunto.

E per quanto riguarda la relazione con gli studenti? “Accanto alla didattica tradizionale, i contatti avvengono anche attraverso classi virtuali: lì lascio il materiale da studiare, carico gli esercizi, fornisco feedback. E rimaniamo in contatto se hanno bisogno di aiuto per il compito della mattina dopo. In qualsiasi momento della giornata, dato che la piattaforma è sempre a disposizione. Se è per un fine virtuoso sono più che contento: didattica vuol dire includere. Ma se ti contattano negli orari più disparati devi mettere dei paletti”.

“La vita privata ne risente. Sono strumenti diretti che portano a non avere più orari fissi. La scuola sta diventando sempre più burocratica. Il lavoro sommerso aumenta e la programmazione ne risente. Niente a che vedere con le ore previste da contratto. Di base ci sono colloqui mattutini, il collegio docenti, il consiglio di classe, i ricevimenti. Ma anche la correzione dei compiti e la preparazione dei materiali scolastici”, ha concluso.