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Razionalizzazione: lo strano caso dell’Emilia Romagna

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In fatto di dimensionamento il caso più strano è forse quello che riguarda l’Emilia-Romagna dove molti Enti Locali sono già all’opera da diverse settimane per chiudere direzioni didattiche e scuole medie e per dare vita a tutti i costi a istituti comprensivi, formati alle volte anche da 1500 alunni.
Ma il dato incredibile è che dalle tabelle del Ministero emerge che in Emilia-Romagna non sarebbe quasi necessario intervenire in quanto il numero delle autonomie scolastiche è solo leggermente superiore a quello previsto dal parametro fissato dalla legge (1.000 alunni per ciascun comprensivo).
In provincia di Bologna, per esempio, ci sono 84 istituzioni scolastiche del primo ciclo, esattamente quelle calcolate dal Ministero; eppure il Comune di Bologna aveva messo a punto un piano per la chiusura di 6 istituti, ridotti a 3 dopo le proteste delle scuole e dei sindacati.
Per non parlare poi del caso di Carpi, in provincia di Modena dove fin da settembre l’assessore all’istruzione del PD aveva presentato un piano di razionalizzazione piuttosto pesante nonostante che nell’intera provincia le scuole del primo ciclo siano addirittura 3 in meno di quanto calcolato dal Miur.
E i paradossi non finiscono qui: a Modena Forum della scuola del Partito democratico ha persino approvato un documento in cui si ribadisce che “occorre avere la consapevolezza che la provincia di Modena ha già razionalizzato le istituzioni scolastiche, e per questa ragione non si vede la necessità di rischiare di perdere autonomie scolastiche”
Flc-Cgil, per parte sua, sottolinea che per i prossimi anni si prevede che la popolazione scolastica della regione possa aumentare dell’8-10 per cento.
La situazione emiliana è davvero strana se persino la responsabile scuola del PD, l’onorevole Francesca Puglisi, ha deciso di scrivere agli amministratori comunali del PD ricordando che l’operazione voluta dal Ministero “non ha alcun fondamento didattico”
“Vi chiedo – scrive Puglisi – di riflettere fino in fondo prima di procedere, magari frettolosamente per rispettare i tempi dettati dall’alto da un Ministero ormai allo sbando, in  attesa della sentenza della Corte sui ricorsi presentati dalle Regioni, ma soprattutto, rispettando le vere esigenze educative e didattiche delle comunità che governate”.
Al contrario, sembra invece che in molti casi gli Enti Locali vogliano utilizzare le norme sul dimensionamento per chiudere un po’ di presidenze che rappresentano pur sempre una costo per Comuni e province (le spese degli uffici e quelle telefoniche, infatti, sono a loro carico).