
La polemica è servita: all’interno di una nota app di un registro elettronico sarebbero spuntati una serie di contenuti commerciali che promuovono servizi di vario genere, dal supporto psicologico alle attività sportive, fino a prestiti studenteschi, corsi di lingue e persino videogame. Lo riporta Open.
Sono molti i genitori che si sono lamentati di questi contenuti non adatti, magari, agli studenti. Molto scettico DirigentiScuola, sindacato dei presidi. “Non va fatta pubblicità sui registri della scuola”, afferma senza giri di parole il presidente Attilio Fratta.
“Nessuno si sognerebbe mai di inserire pubblicità in un registro cartaceo. Lo stesso principio dovrebbe valere per quello elettronico”. Il presidente riferisce di aver contattato il ministero dell’Istruzione e del Merito. “Ho avuto conferma che la gestione di questi servizi dipende esclusivamente dall’autonomia scolastica. Sono le scuole a scegliere e acquistare i pacchetti. Il Mim non c’entra niente”, spiega.
Giannelli parla di consenso delle famiglie
Di fronte allo scandalo, il presidente di DirigentiScuola suppone che “in realtà molti colleghi potrebbero non essere stati pienamente consapevoli dell’inclusione della pubblicità nel servizio”. E chiarisce: “I presidi sono tutti ex docenti. Se ti arriva uno che ti dice: ‘Compra il registro elettronico da me, ti faccio risparmiare il 20%’, tu lo scegli. Ma il problema è quando c’è una comunicazione ambigua”.
Il presidente dell’Anp, Antonello Giannelli ha chiarito a La Stampa che “se la singola famiglia non vuole può scegliere di non dare il consenso”. Ma Fratta è scettico e contesta la reale possibilità di scelta da parte delle famiglie: “La questione dipende dal via libera della scuola. Come fanno a c’entrare i genitori?”, incalza a Open.
E sono propri alcuni degli stessi genitori a riferire che la sezione pubblicitaria sia comparsa senza alcun consenso esplicito alla sezione. “Non c’era un avviso chiaro sulla presenza di pubblicità e giochi nel registro di mio figlio”, racconta un genitore. Fratta aggiunge poi un ulteriore elemento alla polemica: “Mi sorprende che le altre aziende che forniscono registri elettronici non abbiano protestato. Questa è concorrenza sleale”. E conclude con una posizione netta: “Il registro elettronico degli studenti non può diventare un mercato. La pubblicità nel registro non va fatta, non può diventare un mercato”.
Presto interrogazione parlamentare
“Che il registro elettronico venga utilizzato per veicolare messaggi commerciali è grave e inquietante. Si tratta di una mercificazione intollerabile di uno strumento fondamentale per la didattica, fruibile ogni giorno da più di sette milioni di genitori. Viviamo immersi in messaggi pubblicitari ovunque: sui muri, sui media, sugli schermi dei nostri smartphone quando navighiamo in rete e sui social. Era davvero necessario consentire di generare profitto anche sul registro di classe?”, questo quanto affermato Elisabetta Piccolotti di Alleanza Verdi Sinistra.
“Presenteremo un’interrogazione parlamentare al ministro Valditara – prosegue la parlamentare rossoverde della Commissione cultura di Montecitorio – affinché faccia chiarezza su questa pratica oscena. Speriamo ci risponda, visto che ad una precedente interrogazione sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale in classe ha dato risposte molto evasive. In quell’occasione avevamo chiesto quali fossero i software previsti e quali tutele fossero garantite agli studenti.
Oggi – conclude Piccolotti – chiediamo come sia stato possibile utilizzare il registro elettronico per comunicazioni commerciali e se questo strumento sia in grado di profilare ragazzi e genitori. Torniamo a ribadire che, sia per l’IA sia per il registro elettronico, servirebbero software pubblici e di proprietà dello Stato, e non strumenti di società che hanno come unico fine il profitto”.