Home Personale Renzi: i docenti hanno uno stipendio da fame, la vera riforma della...

Renzi: i docenti hanno uno stipendio da fame, la vera riforma della scuola è pagarli più di 1.700 euro al mese

CONDIVIDI

“Oggi un professore con lo stipendio fa la fame”: non usa mezzi termini Matteo Renzi, leader di Italia Viva ed ex presidente del Consiglio, parlando il 17 gennaio di scuola durante una diretta su Instagram. In media, oggi il compenso mensile di un insegnante in Italia è di poco più di 1.700 euro netti.

“Finché non paghiamo meglio gli insegnanti e li valorizziamo non ci sarà mai una scuola pubblica degna di questo nome”, ha aggiunto il numero uno di Italia Viva.

Renzi, sposato con una donna insegnante, immessa in ruolo proprio durante il mandato di premier del marito, pensa anche che non ci potrà essere una vera rivoluzione rigenerante del settore dell’Istruzione senza prima investire sulle risorse umane: “Penso che la prima riforma della scuola da fare sia dare davvero agli insegnanti la possibilità di fare il proprio lavoro con attenzione al capitale umano“, ha concluso l’ex segretario del Pd.

Ma quanto percepiscono gli insegnanti italiani oggi? Importi non certo in linea con quelli di chi svolge una professione così importante. Tanto che risultano inferiori del 20-30%, in media, a quelli di chi svolge la stessa professione nell’area UE. E anche rispetto agli altri 2 milioni e oltre di dipendenti pubblici il gap non è da poco: meno di 30.000 euro lordi i docenti, oltre 34.000 euro la media di tutti i comparti pubblici.

Il problema, come già scritto, è che per fare partire la trattativa con i sindacati, per arrivare ad un accordo sul contratto collettivo nazionale del comparto Scuola, Università e Ricerca 2022/24, gli aumenti medi ad oggi messi a disposizione per la trattativa Aran-Sindacati (poco meno del 6%) risultano solo leggermente superiori a quelle degli ultimi rinnovi (2018 e 2023/24).

Gli incrementi salariali di docenti e personale Ata si fermeranno, quindi, a circa 160 euro medi complessivi. E la metà degli aumenti, lo ricordiamo, sono in realtà già stati assegnati in busta paga dallo scorso mese di gennaio. Quella dell’indennità di vacanza contrattuale già in tasca al personale della scuola è l’unica buona notizia di una situazione difficile, gli aumenti stipendiali, che non riguarda solo l’Istruzione: tutto il pubblico impiego, infatti, rimane fermo alla stessa media (magra) di aumenti del comparto scolastico, dell’Università e della Ricerca.

Vale anche la pena osservare che a penalizzare i lavoratori della scuola è il fatto che partono da una media stipendiale decisamente bassa, inferiore ai 30mila euro lordi annui: quindi, un piccolo incremento stipendiale applicato su una base salariale medio-bassa non potrà che rendere piccoli incrementi. In tal modo, quasi paradossalmente, non potrà anche che aumentare sempre più il gap rispetto agli altri comparti pubblici (ad esempio quello della Difesa o della Sanità) che già oggi godono di stipendi sempre maggiori.