Home Archivio storico 1998-2013 Estero Riuscita la manifestazione dei precari a Montecitorio

Riuscita la manifestazione dei precari a Montecitorio

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Si può dire complessivamente riuscita la manifestazione contro i tagli e le riforme nella scuola pubblica svolta il 15 luglio davanti a Montecitorio. I coordinamenti dei precari si sono presentati da tutta Italia nella calda piazza romana non proprio in massa come annunciato (saranno stati cinquecento, seicento al massimo, ma del resto a scuole praticamente chiuse non ci si poteva aspettare molto di più). Però la presenza di diversi sindacati ed associazioni di categoria, e soprattutto dei tanti leader dell’opposizione, parlamentare ed extra-parlamentare, ha dato spessore e visibilità ad una protesta di cui il Governo nella realizzazione dei provvedimenti da approvare prima della pausa estiva dovrà per forza di cose tenere conto.
Oltre ai tanti coordinamenti di precari, che indossavano una maglietta nera con la scritta-acronimo (di precari) “Professionisti Radiati Esasperati Cancellati Annullati Raggirati Ignorati”, c’erano una buona fetta di sigle sindacali (Flc-Cgil, Cisl Scuola, Cobas, Gilda e Usi). Ma anche diverse associazioni, capitanate dagli attivissimi Cip, come il coordinamento Precari della scuola, quello dei Genitori democratici e Non rubateci il futuro.
Le ragioni e lo stato d’animo dei partecipanti era ben rappresentato da cartelli e striscioni: “La scuola statale resiste”, “Tagli alla scuola, una truffa per tutti, “Sfiniti dalla precarietà”, “Basta tagli: immettete in ruolo tutti i precari”, “Aprea, mors tua vita mea”, “La curia assume docenti: che se li paghi…”, “Saremo disoccupati”, “Fuori tutto, si svende la scuola pubblica”.
Durante il presidio, controllato a vista dalle forze dell’ordine, si sono accavallate le testimonianze dei lavoratori della scuola: come quella di un precario della provincia di Torino che ha lamentato non solo la mancanza di stabilità, ma anche la scarsa riconoscenza dello Stato per i tanti docenti, come lui, che giornalmente si sobbarcano chilometri di strade per raggiungere l’istituto dove svolgono servizio.
Gli applausi hanno raggiunto l’apice quando, verso le 11, è sceso tra i manifestanti il leader dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro. Fischi invece per Paolo Ferrero (Prc), accusato dai precari di essere tra gli artefici della caduta dell’ultimo Governo Prodi. Governo che con la prima Finanziaria, quella del 2007, aveva programmato 150.000 immissioni in ruolo di docenti (oltre a 30.000 Ata) in tre anni, ma poi compiuti solo a metà a seguito dell’approdo dell’attuale esecutivo.
Il segretario del Pd, Dario Franceschini, ha avuto un’accoglienza a due facce: prima contestato, poi applaudito. Presenti anche altri esponenti politici, sempre facenti capo al Centro-Sinistra: Vincenzo Vita, Manuela Ghizzoni, Stefano Pedica e Pierfelice Zazzera (tutti del Pd), Paolo Cento e Franco Giordano (Sinistra e libertà) e Piergiorgio Bergonzi (Comunisti italiani).
Uno degli ultimi interventi, tra i più apprezzati, è stato quello di Simonetta Salacone, la dirigente scolastica dell’istituto primario Iqbal Masih di Roma, ormai stabilmente in prima linea contro le iniziative del ministro Gelmini. Ministro che sul finire della manifestazione assicurava di tenere ben presente il problema del precariato della scuola: ad iniziare dall’indennità di disponibilità rivolti agli attuali supplenti annuali che nel prossimo anno rimarranno senza contratto. “Su questo stiamo lavorando – ha detto Gelmini – la prossima settimana è previsto un altro incontro. Probabilmente il provvedimento sui precari potrebbe essere inserito nel dl anticrisi, ci sono spiragli, ma aspettiamo la prossima settimana”. Riguardo l’assunzione dei 20.000 docenti e Ata, la cui autorizzazione è stata chiesta in tempi non sospetti dal Miur al ministero dell’Economia, la stessa Gelmini ha ricordato di aver istituito “un tavolo sul precariato con i sindacati e con i ministri Sacconi e Tremonti: stiamo lavorando per cercare di trovare delle soluzioni”. Parole che i diretti interessati hanno sicuramente apprezzato. Ma non troppo: ora pretendono che si passi ai fatti.