
Oltre alla costante ‘lotta’ contro la ‘funesta’ lezione frontale, molti studiosi, specialisti o ‘semplici’ docenti, rivolgono ora, con più combattività di prima, i loro strali contro la vetusta e ‘medievale’ usanza dell’interrogazione orale. Ma perché mai continuare ad interrogare? Interrogare esclude chi non è interrogato e lo porta ad annoiarsi in classe, sottrae tempo alla riflessione condivisa e all’insegnamento, riduce la scuola a semplice memorizzazione, alimenta ansia e frustrazione tra gli studenti (quelli che non studiano, ovviamente). Perché interrogare dunque? Esistono mille altri modi più coinvolgenti, sereni, idilliaci, dialoganti e addirittura riposanti (che in fondo non pretendono nemmeno tanto impegno) per valutare. La valutazione deve accompagnare l’apprendimento, non bloccarlo.
Altre sono le critiche (aspre) rivolte contro l’interrogazione sia da parte di ‘dotti’ e sapienti’ (che spesso non insegnano nelle scuole o solo occasionalmente) sia (e questo non è di buon auspicio) da parte di docenti, che invece dovrebbero riconoscere l’importanza dell’interrogazione. Chiariamo due o tre punti (o più).
- L’interrogazione orale (come la lezione frontale), pur con tutti i limiti che può avere, rappresenta uno dei capisaldi dell’attività didattica a cui non si può rinunciare per arrivare a valutare adeguatamente l’alunno (le sue debolezze e i suoi talenti).
- L’interrogazione non è un interrogatorio della polizia, non deve estorcere confessione, neppure è un processo dove si è giudicati (assolti o condannati) senza appello. Si tratta semplicemente di una forma di valutazione orale atta ad accertare, da parte dell’insegnante, la preparazione e la conoscenza di uno o più studenti su argomenti afferenti ad una determinata materia (non si giudica la persona né l’allievo, ma la conoscenza dell’allievo in quel momento su uno o più argomenti di una sola materia). Se poi la valutazione non dovesse essere sufficiente non facciamone un dramma. Ci saranno, nel corso dell’anno, altre possibilità per rimediare.
- L’interrogazione non è memorizzazione (pregiudizio duro a morire). Certo la memoria è importante, imprescindibile per l’apprendimento e la crescita, ma l’interrogazione coinvolge anche il ragionamento, l’intuizione, la logica, la capacità critica, le conoscenze e le competenze pregresse.
- L’interrogazione (quella vera e seria tra docente, in cattedra, e studente) deve svolgersi alla cattedra, ma ciò non significa che il docente non possa rivolgere domande anche ai non interrogati (magari a sorpresa) per capire se sono attenti e se sono in grado di rispondere (se hanno studiato) per poi tener conto, in qualche modo (nella valutazione complessiva), di queste domande rivolte ai ‘non interrogati’ e alle loro risposte. Perché l’attenzione alle interrogazioni, per chi non è interrogato, è un dovere e un diritto. Spesso si capisce di più sentendo un’interrogazione che la lezione del professore.
- L’interrogazione deve generare (in giusta misura e senza far cadere nel panico) una certa tensione, una certa preoccupazione, uno stato di timore ma al tempo stesso di coraggio (ci vuole un po’ di adrenalina in corpo). Non evitiamo le interrogazioni per non intristire o demoralizzare i nostri ‘fragili’ ragazzi (così rischiano di diventare ancora più fragili e il rimedio diventa il male)! Cerchiamo, anche attraverso le interrogazioni, di renderli, col tempo, più forti, motivati e determinati (non ci riferiamo adesso a casi di 104, D.S.A., B.E.S. o altro). Non illudiamoli. La vita, fuori dalla scuola, non sarà un paradiso e molte saranno le prove (comprese interrogazioni) che dovranno affrontare. Prepariamoli alla vita, non inganniamoli!
- Certo è possibile che, col cambiare dei tempi, l’interrogazione possa richiedere dei cambiamenti a cui non possiamo sottrarci, ma non deve mai staccarsi dalle sue radici e dalle sue originarie peculiarità.
- Non dimentichiamoci poi che, all’interno dell’autonomia della scuola, pur nell’obbligo di osservare principi costituzionali e norme legislative generali, ogni docente ha libertà di insegnamento. Può, quindi, alternare un’interrogazione vera ad altre modalità di valutazione più inclusive (anche più formative?): dai gruppi di lavoro, a ricerche collettive o individuali, dai test strutturati ai portfolio digitali, da brevi testimonianze personali o colloqui individuali a dibattiti che possano coinvolgere attivamente e in modo partecipato e educatamente vivace tutta la classe (e molto altro ancora, la fantasia valutativa sembra non aver confini).
- Insomma nella vita della classe possono trovare spazio varie attività educative e formative e molteplici modi per valutare la crescita integrale dell’allievo. Può ancora trovare ‘cittadinanza’ e un ruolo non irrilevante per l’apprendimento e la crescita anche l’interrogazione orale. Ma pensare, come sostengono alcuni, che l’interrogazione tradizionale oggi non sia più sostenibile è un grave errore che non giova alla formazione degli alunni (se è sgradito il termine interrogazione – questione di ‘nominalismo’– possiamo sostituirlo con colloquio, un colloquio vero, però, tra docente e studente, con ruoli ben separati).
- È vero, la scuola spesso deve cambiare (si dice deve essere ripensata nelle modalità educative) per sanare le storture della società, ma alcune procedure e pratiche di istruzione, seppur aggiornate (in misura più o meno profonda), non devono morire, se mai devono essere affiancate armonicamente ad altre. Non trasformiamo la scuola in un centro ricreativo o sociale dove l’unica priorità, dove alla fine, pur non volendo, l’unico obiettivo da raggiungere (obiettivo indubbiamente più che valido ma non unico) è l’inclusione (magari guidata da un’intelligenza artificiale).
Cerchiamo di non essere presi dalla smania (che non fa pensare lucidamente) di rivoluzionare tutto. I cambiamenti, se occorrono, siano meditati e attuati nei giusti tempi, senza strappi violenti.
Allora lanciamo un appello: “Salviamo l’interrogazione orale tradizionale”.
Andrea Ceriani