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Scuole paritarie: il teorema non dimostrato del costo standard

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Su Tecnica della Scuola del 21 giugno scorso possiamo leggere l’intervista a suor Anna Monia Alfieri, “giurista ed economista, esperta di scuola (sic!), che da anni sostiene il ‘costo standard di sostenibilità per alunno’” ad opera di Matteo (nome di fantasia), liceale del 4° anno “intelligente, studioso, non lavativo (ari-sic)” e presumibilmente buon cattolico, servizievole e – chissà – magari emulo del …. “compagnuccio della parrocchietta”.
Nell’intervista, la brava suora marcellina non propone nulla di nuovo, ma – rispondendo a Matteo – ripete e sottolinea le sue argomentazioni consuete degli ultimi anni, alcune fragili, contestate, selettive, omissive (quindi bugiarde); per cui Matteo non può ricavare una visione esaustiva né del costo standard, né delle altre questioni relative alle scuole paritarie, a meno che non integri in rete le sue fonti di informazione.
Perciò l’intervista non meriterebbe di essere né citata, né commentata; sui social si trovano post negativi in tal senso e anche offensivi fino alla volgarità.
Però anche chi non è credente può seguire le parole di Matteo (l’evangelista, non il citato studente o …. altri Mattei): “E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due” (Mt 5, 41).
La improbabile prof fannullona della scuola statale, ovviamente!
Appare trasparente dall’intervista che le domande di Matteo sono suggerite – sia come contenuto che come successione – dalla stessa suora intervistata e dagli obiettivi propagandistici che essa si prefigge.
Si comincia infatti con una prima domanda atta a giustificare una risposta malevola, denigratoria, ignominiosa ben oltre la realtà, riferita alla scuola pubblica (da contrapporre all’efficienza, allo splendore della scuola privata paritaria cattolica delle domande e risposte successive).
Infatti Matteo esordisce evocando – e facendone una macchietta – una ipotetica, irreale «prof di Inglese [che] entra ogni volta in classe con 20’ di ritardo, si addormenta in classe, riceve i genitori fornita di brioche e cappuccino, che divora voracemente mentre parla con loro… ma è inamovibile. E fosse solo questo… non spiega, distribuisce i “quattro” come confetti e i “debiti” come caramelle”».
Ammesso che esista questa caricatura di docente e nessuno (preside-ds, colleghi, famiglie, studenti stessi) abbia finora né segnalato, né provveduto, essa rappresenta un caso su 800.000 docenti, in percentuale lo 0,00012%. Nulla.
Eccitata da questa domanda – come un toro dalla cappa del torero – suor Anna Monia ha modo di rispondere: «…. la scuola italiana è che è diventato un mastodontico ammortizzatore sociale, cioè un luogo dove chiunque, anche privo di capacità, può ottenere uno stipendio che lo mantiene per tutta la vita. Chi non sa cosa fare, magari dopo aver lavorato una manciata di anni da qualche parte, va a fare il maestro o il professore.»
Sono parole ed espressioni gratuite, gravi, irreali, che offendono e squalificano chi le pronuncia, alle quali non ha senso, non è utile e igienico replicare! Ognuno rifletta.
Dopo l’amaro il dolce
Le cinque domande successive (dalla 2ª alla 6ª) di Matteo sono state evidentemente commissionate per proporre altrettante risposte che esaltano e sviolinano la bontà eccelsa, la qualità e l’economicità delle scuole paritarie a fronte della qualità scadente delle costose scuole pubbliche; vengono citati costi improbabili e il mansueto Matteo conclude «Ha ragione, sr. Anna…. », come da copione. Ognuno legga, rifletta e valuti.
Il costo standard ecc.
La settima e penultima domanda è la domanda clou, quella che illumina e focalizza l’obiettivo vero dell’intervista, cioè il costo standard ecc.. Infatti Matteo chiede: « Suor Anna Monia, mi spiega con parole comprensibili che cos’è il costo standard che secondo lei sarebbe l’unica soluzione per “salvare la scuola pubblica italiana tutta, statale e paritaria”?»
Come si vede, l’intervistatore ha già metabolizzato e assimilato la terminologia gergale del “gruppo di pressione pro-paritarie” quando cita “salvare la scuola pubblica italiana tutta, statale e paritaria”; ora che le paritarie si prefiggano di salvare la scuola pubblica statale è intenzione lodevole, ma ciò richiede la conoscenza dei problemi e delle ipotesi di salvamento e la loro condivisione con il mondo della Scuola pubblica, e ciò non è affatto semplice, tanto che in proposito hanno fallito i ministri e le loro riforme degli ultimi 20-25 anni; ancora, citare la “scuola pubblica paritaria” non è terminologia corretta perché le scuole paritarie cattoliche sono propriamente “scuole private paritarie che svolgono servizio pubblico” (secondo la l. 62/2000).
Nella breve risposta, di appena 15 righe, la suora espone in estrema sintesi il suo noto teorema del “costo standard ecc.” salvifico, taumaturgico, panacea e corroborante, ecc.; ma lo fa senza dimostrazione, né spiegazioni, né riferimenti e soprattutto omettendo questioni e aspetti importanti, quali: a) che fine ha fatto, perché non si parla più del fantastico risparmio di “17 miliardi di euro (diciassette) rendendo la scuola davvero libera”?; b) che ne è stato del “Gruppo di lavoro sul costo standard dell’alunno” di cui all’O.M. Miur/Fedeli n. 917 del 22.11.2017 e che doveva esaminare, validare o meno l’ipotesi?; c) per il costo standard, come mai non esiste ancora nessun ddl, odg o mozione parlamentare da parte almeno dei partiti di riferimento delle scuole paritarie (cioè FI, FdI, Lega), gli stessi partiti che, sotto elezioni, mostrano interesse e disponibilità?
Il bravo Matteo “intelligente, studioso, non lavativo” vorrà pure rendersi conto, capire, oppure deve solamente fidarsi e credere nel costo standard come in un dogma, perché “ipsa dixit”?
È vero però che l’intervista si chiude con la prospettiva di “prossime puntate” con altre domande di Matteo o l’approfondimento degli “argomenti di oggi” e l’assicurazione della suora “ci sono sempre per te”.
Post scriptum
È opportuno citare alcuni scritti attinenti le scuole paritarie e che fanno da cornice alle relative problematiche.
Il primo riguarda le “scuole cattoliche bunker fuori dal mondo” come riportato nel sesto capitolo dell’esortazione post-sinodale “Christus vivit”, “la pastorale delle istituzioni educative”, dove papa Bergoglio ha appunto detto che “ci sono alcune scuole cattoliche che sembrano essere organizzate solo per conservare l’esistente… La scuola trasformata in un ‘bunker’ che protegge dagli errori ‘di fuori’ è l’espressione caricaturale di questa tendenza”. Al riguardo pare ci siano interpretazioni diverse fra i sostenitori del papa attuale e alcuni cattolici “ultra-tradizionalisti per lo più legati al mondo della destra cattolica”.
Il secondo scritto è costituito dal recente articolo di Luisa Ribolzi, sul sito  ilsussidiario.net, dal titolo “Paritarie e cattoliche? Inutili e incerte” dove possiamo leggere: “E allora vorrei concludere con un’ultima osservazione, forse la più pessimistica: le scuole cattoliche in Italia – ma potremmo allargare il discorso a un vasto settore delle paritarie – non sono capaci, o forse non vogliono, di fare sentire la loro voce. Consumano buona parte delle loro già ridotte energie nel litigare fra di loro, e in alcuni casi vendono la primogenitura per un piatto di lenticchie. Il Sussidiario dà spazio a persone che difendono, spesso inascoltate, i diritti delle famiglie nella scelta scolastica per la non statale, ma chi osserva dal di fuori vede una grande difficoltà a fare massa critica, e a comunicare, se non a formulare, una proposta educativa chiara e attraente”.
Infine, il terzo scritto segnalato è l’editoriale – fermo ed esplicito – di Marco Tarquinio, direttore dell’Avvenire, in risposta a una grossolana battutaccia di Salvini verso monsignor Cesare Nosiglia. L’articolo è del 25 giugno ed è titolato “Carità cristiana e polemiche salviniane. Non si morde la mano tesa” e vi possiamo leggere: “Oggi, invece, con un irriflessivo messaggio via Facebook, [Salvini] ha deciso di farsi anche la carità degli altri, spiegando all’arcivescovo di Torino che cosa la Chiesa può permettersi nella sua azione per i poveri e che cosa non deve neppure azzardarsi a pensare. Perché? Perché monsignor Cesare Nosiglia aveva osato tendere una mano, anzi entrambe, agli esseri umani bloccati sulla imbarcazione umanitaria “Sea Watch” al limite delle acque italiane e allo stesso ministro dell’Interno che in quella condizione li mantiene”.
È a Salvini, segretario della Lega, il politico cui guardano con cauta e segreta fiducia alcuni componenti il “gruppo di pressione pro-paritarie” e forse anche la suora intervistata.
Vincenzo Pascuzzi