Home Politica scolastica Sindacati contro l’autonomia differenziata. Avviata raccolta firme

Sindacati contro l’autonomia differenziata. Avviata raccolta firme

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Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale e le organizzazioni sindacali della scuola Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola Rua, Snals Confsal e Gilda Unams contrari alla regionalizzazione dell’istruzione e a tale riguardo hanno avviato insieme una raccolta firme – che partirà venerdì – per la proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare per la modifica dell’art.116 e dell’art.117 della Costituzione. 

A spiegare il netto rifiuto e il motivo della scelta della raccolta delle firme il  presidente del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale: l’autonomia differenziata non riguarda soltanto la scuola,  semmai “è uno degli obiettivi particolari di chi vuole la regionalizzazione per tre motivi: identitario, di risorse e di gestione politica”. Quest’ultimo punto è il più importante perché la scuola entra nelle famiglie e quindi “si avrebbe a disposizione un’armata per la formazione della gestione del consenso. Se questi lavoratori sono governati da un assessore regionale e non dal ministero, significa molto in termini di gestione politica”.

Anche i sindacati pronti alle barricate: “Le conseguenze della regionalizzazione sarebbero devastanti. Il contratto collettivo nazionale poi sarebbe un lontano ricordo, si andrebbe a intese regionali. Non possiamo dire che c’è pari dignità di diritto allo studio. Dove si produce un pil di un certo peso si hanno più opportunità, dove è più fragile no. L’abilitazione vale in tutta Italia. Il collocamento ad alveo regionale limita le opportunità dei lavoratori”.

E ancora: “C’è la forte necessità di rafforzare il sistema dell’istruzione, di renderlo omogeneo su tutto il territorio nazionale. La situazione è difficile già oggi. Nella scuola statale ci sono differenze di strutture e di opportunità. Non possiamo accettarne altre. La scuola dello Stato ci dà la garanzia che la politica non possa incidere sulla libertà di insegnamento. Con la frammentazione, il rischio è che la politica dia meno spazio a questa libertà”.