La Cote di Cassazione a Roma
Quello del sostegno agli alunni con disabilità sta diventando un problema sempre più grave. I punti nevralgici sono almeno quattro: la carenza di docenti specializzati, l’alto numero di posti assegnati in deroga, quindi non utili per le immissioni in ruolo, i tempi lunghi di assegnazione delle supplenze annuali, la riduzione immotivata di ore di sostegno rispetto a quanto indicato nel Pei.
Su quest’ultimo punto, la cancellazione illegittima di ore di studio dell’alunno con il docente di sostegno a supporto, sono sempre più le famiglie che protestano, anche arrivando ritirare il figlio da scuola, e ricorrono in tribunale. Da dove escono, qualche mese dopo, con il ricorso accolto e l’imposizione all’ufficio scolastico di comminare le ore settimanale decise dalla commissione medico-formativa senza decurtazioni.
E non interessa chi abbia cancellato le ore previste. Lo sottolinea, scrive l’Ansa, la Cassazione che ha accolto il ricorso del papà del piccolo ‘Chicco’, maresciallo dei carabinieri in un paese in provincia di Caltanissetta, che ha protestato contro il taglio delle ore programmate per suo figlio all’asilo, ridotte da 22 a dieci per motivi di bilancio.
Le ore non possono essere ‘limate’, anzi, – afferma l’Alta Corte – semmai vanno aumentate quando ci si trova davanti a casi che richiedono più aiuto.
Scrivono gli ‘ermellini’, nella sentenza n. 25101, che “in tema di sostegno all’alunno in situazione di handicap, il ‘piano educativo individualizzato’, stilato in base alla legge n. 104 del 1992, obbliga l’amministrazione scolastica a garantire il supporto per il numero di ore programmato, senza lasciare ad essa il potere discrezionale di ridurne l’entità in ragione delle risorse disponibili, e ciò anche nella scuola dell’infanzia, pur non facente parte della scuola dell’obbligo”.
Quindi anche all’asilo, le ore di sostegno per aiutare i ‘piccolissimi’ nelle prime esperienze di socializzazione, non si possono ridurre, anzi vanno aumentate “laddove la situazione di specifica disabilità del bambino richieda interventi di sostegno continuativi e più intensi”.
Aggiunge inoltre la Suprema Corte, che il Comune che “non appresta il sostegno pianificato, finisce per contrarre il diritto del disabile alla pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico, la quale, ove non accompagnata dalla corrispondente riduzione dell’offerta formativa per gli alunni normodotati, concretizza una discriminazione indiretta, la cui repressione spetta al giudice ordinario”.
A fare ricorso alla Cassazione – rimediando una sconfitta – è stato un Comune del nisseno che rivendicava il suo diritto a tagliare le ore, e voleva anche che la causa, pendente davanti al Tribunale di Caltanissetta, fosse assegnata alla magistratura amministrativa, più incline di quella ordinaria a dare ragione agli enti locali nelle cause promosse da cittadini che lamentano la violazione dei loro diritti.
Adesso, al Comune non resta che rimettersi alle decisioni dei giudici di merito che avevano già emesso una ordinanza cautelare per porre rimedio al taglio delle ore.
La “morale” del verdetto del tribunale è chiara: i Comuni non possono ridurre le ore di assistenza programmate in favore dei bambini con disabilità, come nel caso dei piccoli con autismo, dopo aver approvato il piano educativo individualizzato con il quale le amministrazioni locali stabiliscono – prima dell’inizio dell’anno scolastico – a quante ore di assistenza ha diritto ogni bambino in situazione di difficoltà.
E il principio, inderogabile, anche per motivi di finanza pubblica, vale già dalla scuola dell’infanzia e primaria.
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