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Specializzazione sul sostegno; Faraone e Iosa: “Ma possiamo riconoscere titoli conseguiti in Paesi dove ci sono ancora le scuole speciali?”

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Sulla questione del riconoscimento dei titoli di specializzazione conseguiti all’estero interviene in queste ore Davide Faraone, deputato del Terzo Polo e presidente della Fondazione Italiana Autismo, che, in un suo post di FB, esordisce osservando: “Il nostro Paese è tra i pochi al mondo che prevedono un insegnante di sostegno che è un docente della sua disciplina che decide di specializzarsi anche per il sostegno, studiando per farlo. È un punto d’orgoglio e un indicatore di qualità che dobbiamo difendere. Per questo è inaccettabile che in Italia si tollerino scorciatoie per svolgere una professione così delicata. La specializzazione all’estero è una di queste”.
“Gli specializzati all’estero che hanno fatto richiesta di riconoscimento del titolo – aggiunge Faraone – sono circa 9.500; si tratta di un numero enorme, che rende necessario accelerare con la loro verifica. Ora il ministero fa sapere che sarà fatta una norma per costituire una apposita struttura di 40 persone per far fronte nel più breve tempo possibile a tutte le richieste da esaminare”.
Nel merito della questione, il parlamentare di Azione-Italia Viva sottolinea un aspetto decisamente importante che finora è sempre passato un po’ sotto silenzio: “Per diventare insegnanti di sostegno ci si dovrebbe formare nei paesi in cui esiste la scuola inclusiva, non le ‘scuole speciali’ per le persone con disabilità. Non sono buoni maestri. Questo titolo troppo spesso è rilasciato da paesi dove l’attenzione alla didattica inclusiva non è la stessa che da noi, e nulla sappiamo di come in quei paesi vengono fatti i necessari controlli sulle università che li rilasciano: non sempre, temo, sono stringenti come da noi”.

Molto critico è anche il giudizio di Raffaele Iosa, già dirigente tecnico del Ministero e per molti anni responsabile dell’Osservatorio nazionale dell’handicap: “Partiamo da un dato di fatto: in Italia i processi di inclusione sono già in crisi a causa del numero ridotto di docenti specializzati in servizio e della scarsa competenza professionale dei docenti curricolari. E’ evidente che, in questa situazione, immettere nel sistema insegnanti specializzati in paesi europei dove per gli alunni disabilità esistono solo le scuole speciali vorrebbe dire accentuare ulteriormente tante difficoltà dell’inclusione. Un’operazione del genere rischierebbe di alimentare ancora di più il senso di separatezza che spesso si respira quando si parla di ‘insegnante dell’alunno autistico’ o ‘aula di sostegno’. Bisogna ribadire senza timori che l’inclusione alla quale pensavano i nostri maestri Andrea Canevaro e Sergio Neri e per la quale tanti di noi hanno lavorato per decenni è tutta un’altra cosa”