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Università, una riforma con pochi consensi

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Visti i problemi che attanagliano il mondo universitario – pochi fondi a disposizione, blocco delle assunzioni, disegno di legge riguardante lo stato giuridico dei docenti (la prospettiva di due fasce e l’abolizione dei ricercatori ha innescato proteste e blocchi delle attività didattiche) – sta passando quasi inosservata la riforma degli ordinamenti didattici, che, peraltro, non era condivisa o comunque non veniva ritenuta urgente dalla gran parte del mondo universitario, anche in considerazione dei buoni risultati che scaturiscono dalla precedente riforma, confermati recentemente nel corso della "relazione sullo stato delle università italiane" (aumento delle immatricolazioni, che erano in calo dal 1994, diminuzione del numero degli studenti "fuoricorso" e della "dispersione": non finisce il corso di studi il 39% degli immatricolati a fronte del 70% registrato soltanto tre anni fa).  
In effetti, dopo il parere favorevole nelle sedi parlamentari e la registrazione alla Corte dei Conti, il provvedimento normativo è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, aprendo la strada alla riarticolazione dei percorsi di studio.

La novità consiste nel fatto che gli studenti universitari potranno optare, dopo un primo anno con attività didattiche comuni a tutti, per un biennio professionalizzante, maggiormente caratterizzato da stage e attività di tirocinio e chiaramente orientato all’inserimento nel mondo del lavoro, o per un biennio metodologico-formativo, che servirà, invece, per proseguire gli studi attraverso il successivo percorso biennale di 2° livello, che si concluderà con il conseguimento della "laurea magistrale" (nuova denominazione dell’attuale "laurea specialistica"). In tal senso, il nuovo modello viene definito a "Y", con due percorsi distinti nell’ambito dei corsi universitari di 1° livello. Si profila una nuova formula per i corsi universitari: dopo il "3+2" (laurea triennale di base ed altri due anni per conseguire la laurea specialistica) della riforma adottata quando ministro dell’Università e della Ricerca, nel precedente Governo, era Ortensio Zecchino si passerà alla formula "1+2+2".

Le due alternative relative al biennio successivo all’anno di base sono state confermate dalle dichiarazioni ministeriali più che esplicitate nel D.M. n. 270 del 22 ottobre 2004 ("Modifiche al regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli Atenei, approvato con decreto del Ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica 3 novembre 1999, n. 509"), riportato sulla G.U. n. 266 del 12/11/2004. Si attendono, infatti, i successivi decreti di riordino delle classi di laurea, nelle quali verranno preliminarmente individuati gli obiettivi formativi e le attività per conseguirli.

Saranno poi i regolamenti didattici di Ateneo, adeguati alle disposizioni dei decreti ministeriali, a disciplinare gli aspetti organizzativi dell’attività didattica comune ai corsi di studio, "con particolare riferimento ai criteri di accesso ai corsi di laurea, prevedendo, fatto salvo quanto stabilito per i corsi di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 2 agosto 1999, n. 264" (tra questi, i corsi di laurea in medicina e chirurgia, in medicina veterinaria, in odontoiatria e protesi dentaria, in architettura, anche in conformità alla normativa comunitaria vigente e alle raccomandazioni dell’Unione Europea), "che gli studenti vengano immatricolati a corsi di base comuni. A tale fine i regolamenti didattici di Ateneo stabiliscono che tutti gli iscritti ai corsi di laurea, afferenti alla medesima classe o gruppi affini di essi così come definiti dai singoli ordinamenti di Ateneo, condividano le stesse attività formative di base e caratterizzanti comuni per un minimo di 60 crediti prima della differenziazione dei percorsi formativi", a proposito della quale si rimanda all’articolo 3, comma 4, dello stesso D.M. 270/2004 (il testo completo è riportato in "Ulteriori approfondimenti"), che così recita: "il corso di laurea ha l’obiettivo di assicurare allo studente un’adeguata padronanza di metodi e contenuti scientifici generali, anche nel caso in cui sia orientato all’acquisizione di specifiche conoscenze professionali".

In effetti, le disposizioni contenute nel recente provvedimento normativo definiscono i criteri generali per l’ordinamento degli studi universitari, in attesa dei decreti ministeriali che ridefiniranno le classi di laurea e di laurea specialistica (laurea magistrale, secondo la nuova terminologia introdotta dal decreto). A tal fine, sono già stati istituiti sei tavoli tecnici organizzati per macro-aree disciplinari (individuate tenendo conto della classificazione Istat delle professioni), di cui fanno parte rappresentanti delle Conferenze dei Presidi di Facoltà, del Cun e degli ordini e collegi professionali interessati. E’ stato attivato, inoltre, un Comitato di coordinamento presieduto dal sottosegretario al Miur Mara Grazia Siliquini.
Un percorso unitario ("1+4": anno formativo iniziale comune e un successivo ciclo di quattro anni di corso) è previsto per la facoltà di Giurisprudenza con riferimento agli studi finalizzati alle professioni legali di magistrato, avvocato e notaio. Rimarranno, comunque, altri percorsi triennali nell’ambito degli studi giuridici.

Accanto ai titoli di laurea (al termine del percorso triennale di 1° livello) e di laurea magistrale, le Università rilasceranno il diploma di specializzazione (dopo corsi istituiti esclusivamente in applicazione di specifiche norme di legge o direttive dell’Unione Europea) e il dottorato di ricerca. Gli Atenei, inoltre, potranno attivare corsi di perfezionamento scientifico e di alta formazione permanente e ricorrente, successivi al conseguimento della laurea o della laurea magistrale, alla conclusione dei quali sono rilasciati master universitari di primo e di secondo livello.

Nel D.M. n. 270/2004 si rende noto che le Università rilasceranno, "come supplemento al diploma di ogni titolo di studio, un certificato che riporta, secondo modelli conformi a quelli adottati dai Paesi europei, le principali indicazioni relative al curriculum specifico seguito dallo studente per conseguire il titolo". Le modalità con cui saranno rilasciate tali certificazioni vengono disciplinate dai regolamenti didattici di Ateneo.

Nel frattempo, sulla Gazzetta Ufficiale n. 277 del 25 novembre scorso è stato pubblicato il D.M. n. 262 del 5 agosto 2004, che stabilisce la ripartizione delle risorse finanziarie per la programmazione del sistema universitario relativa al triennio 2004-2006. Dei 121.724.000 euro previsti complessivamente per ciascuno dei tre anni, 21 milioni (da ripartire nel biennio 2005-2006) riguardano le iniziative di formazione degli insegnanti della scuola, da realizzare mediante l’istituzione e l’attivazione di corsi di laurea specialistica di cui all’articolo 5 della legge n. 53 del 28 marzo 2003, compresa l’organizzazione delle strutture di Ateneo o interateneo previste dal suddetto articolo. I fondi saranno ripartiti tra le Università con criteri definiti da apposito decreto ministeriale dopo la pubblicazione dei decreti legislativi di attuazione dell’articolo 5 della legge n. 53/2003.
Al fine di rendere operativa l’Anagrafe nazionale degli studenti, secondo quanto disposto dal D.M. n. 9 del 30 aprile 2004 in attuazione dell’articolo 1/bis della legge n. 170/2003, sono previsti 5.550 milioni di euro per ciascun anno (con possibilità, a partire dal 2005, di ulteriori fondi, in misura e con modalità da definire con decreto ministeriale), ripartiti fra gli Atenei in parti uguali ed erogati in relazione alla verifica dell’attivazione, da parte dell’Università, della procedura di inserimento dei dati nell’Anagrafe, che conterrà informazioni sugli esami sostenuti dagli studenti universitari, sui crediti formativi conseguiti, su eventuali stage o master frequentati.

Risorse finanziarie sono anche destinate per le attività di orientamento, tutorato e formazione, per il potenziamento dell’alta formazione e il consolidamento dei centri di eccellenza, per sostenere il processo di internazionalizzazione del sistema universitario, nel quadro di accordi di cooperazione culturale e scientifica che possono prevedere la mobilità di docenti, ricercatori, dottorandi.