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Valditara vorrebbe ridurre a 4 anni gli istituti Tecnici e Professionali, Calenda è critico: così trasformerà gli “studenti” in “lavoratori”

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Cancellare il quinto anno degli istituti tecnici e professionali sarebbe un grave errore, anche se solo attraverso una sperimentazione, soprattutto se l’intento è quello di fornire alle imprese manodopera qualificata e superare il mismatch tra domanda e offerta di lavoro: a pensarla così sono Carlo Calenda e Maria Pia Bucchioni, segretario e responsabile Istruzione e Formazione di Azione.

“Apprendiamo dagli organi di stampa – fanno saper i due leader di Azione – che il ministro Valditara intende attivare la sperimentazione di una “filiera formativa tecnologico-professionale” di 4 anni, che interesserà gli istituti tecnici e professionali del sistema nazionale di istruzione, i percorsi dell’Istruzione e Formazione professionale regionale e gli Its Academy. Non essendo mai stati definiti i Livelli essenziali di prestazione per istruzione e formazione, la proposta non esplicita quanto sarà decurtata la quota oraria riservata all'”istruzione”, a favore di un potenziamento di quello che potremmo definire “addestramento al lavoro””.

Secondo Carlo Calenda e Maria Pia Bucchioni, “emerge con chiarezza l’intento di accelerare il passaggio dei nostri ragazzi dalla categoria “studenti” a “quella di “lavoratori”, incoraggiandoli ad operare a 14 anni una scelta, assai difficilmente reversibile, tra i percorsi liceali e la “filiera formativa tecnologico-professionale”.

E ancora: “È molto facile immaginare che la seconda opzione sarà la preferita da coloro che, nella scuola media, non hanno raggiunto livelli adeguati di acquisizione delle competenze di base”.

Nella nota si evidenzia come questa categoria risieda prevalentemente nel Mezzogiorno e venga da contesti socio-economico-culturali sfavorevoli: quindi, sostengono, si ridurrebbero al lumicino le possibilità di sostenere un ragazzo valido e con talento, ma nato in contesti sociali e familiari poco avvezzi alla scuola.

“Per questo – dicono i leader di Azione – è necessario che la scuola riacquisti il ruolo di ascensore sociale, compensando i deficit di competenze e non semplicemente prendendone atto e consolidando così le disuguaglianze“.

“Se alla base dell’annunciata sperimentazione c’è l’intento di fornire alle imprese manodopera qualificata – concludono Calenda e Bucchioni – si cominci da subito con la riqualificazione degli attuali inoccupati, dei lavoratori in obsolescenza di competenze e dei Neet, magari utilizzando i Centri per l’Istruzione degli adulti”.

“Occorre opporsi alla tentazione, cui tutti i governi degli ultimi decenni hanno ceduto, di “riformare” un pezzo del nostro percorso scolastico, lasciando intatti quelli che lo precedono e lo seguono”, concludono i due di Azione auspicando di trasformare “gli istituti tecnici, ancora oggetto di pregiudizi nella percezione collettiva, in licei tecnologici”.