
Gli annunci del ministro Valditara non si contano più.
Gli stessi organi di informazione fanno ormai fatica a tener dietro alle dichiarazioni del Ministro.
L’ultimissima “idea” di Valditara (ultimissima fino a poche ore fa, ma è anche possibile che mentre noi scriviamo questa nota il Ministro sia già intervenuto anche su un altro tema di rilevante importanza) riguarda l’esame di Stato che a partire dal prossimo anno dovrà tornare ad essere un vero e proprio esame di maturità.
E su questo progetto c’è molto da dire.
Andiamo con ordine.
Il Ministro dice che bisogna valutare la maturità della persona nel suo complesso: l’idea sembra ottima, ma bisogna chiarire qualcosa.
Per valutare una qualunque “dimensione” del percorso formativo bisogna prima di tutto mettersi d’accordo su cosa intendiamo quando ci riferiamo a quella dimensione.
Molto banalmente: se voglio valutare le competenze possedute da uno studente nella lingua inglese, dovrò innanzitutto definire le competenze in questione; per esempio dovrò dire che da uno studente competente mi aspetto che sia in grado di sostenere conversazione più o meno complessa, o che conosca il lessico e la grammatica della lingua o che sia in grado di tradurre in lingua italiana un articolo divulgativo scritto in inglese o, infine, che conosca qualche testo letterario significativo (sono solo esempi, sui criteri si può liberamente discutere).
Stabilito questo dovrò definire gli strumenti per valutare le competenze attese: quando parliamo di conoscenza di un testo letterario in lingua inglese pensiamo all’Ulisse di Joyce o Harry Potter? E così via.
Quindi se davvero volessimo valutare la maturità dovremmo innanzitutto stabilire che cosa intendiamo con precisione con questo termine.
Per la verità allo stato attuale della ricerca in ambito psicologico e pedagogico non sembra che a questo problema si possa rispondere in modo univoco.
Oltretutto si pone una questione di non poco conto: se si cambia l’”oggetto” della valutazione finale (si passerebbe dalle competenze trasversali e disciplinari alla maturità complessiva della persona) bisognerà modificare anche il percorso formativo e forse persino lo stesso profilo in uscita dello studente.
In caso contrario potrebbe accadere che in sede di esame conclusivo si “pretendano” dagli studenti prestazioni estranee al percorso didattico compiuto.
Ma c’è anche un altro problema di natura pratica: il Ministro parla di modifiche che dovrebbero entrare in vigore già con il prossimo anno scolastico.
Il fatto è che, sulla base dell’esperienza fin qui accumulata, bisognerebbe essere un po’ più cauti e prudenti.
Per cambiare l’esame di Stato potrebbe essere necessaria una modifica normativa, ma è del tutto evidente che i tempi sono davvero ristretti perché dopo l’atto legislativo (legge ordinaria o decreto legge) sarebbero necessari i provvedimenti applicativi (decreto ministeriale, ordinanza o altro) che a loro volta necessitano di passaggi formali non particolarmente brevi (parere del CSPI e del Consiglio di Stato).
Tenuto che il cambio delle regole sulle sanzioni disciplinari nei confronti degli studenti era stato annunciato esattamente 2 anni fa ed entrerà in vigore, forse, a settembre 2025 e che è da tempo immemorabile che si parla dei “corsi di sostegno Indire” che nella migliore delle ipotesi prenderanno invece avvio a settembre, sarebbe bene prendere atto che nel nostro sistema scolastico cambiare regole e procedure richiede tempo.
E questo per mille ragioni non necessariamente legate alla capacità del Ministro di turno.