Home Archivio storico 1998-2013 Generico Van Dyck a Milano

Van Dyck a Milano

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La cornice è splendida e l’allestimento, che porta la prestigiosa firma di Luca Ronconi, è altamente suggestivo.

L’idea della mostra è nata dopo il ritrovamento, da parte del Nucleo Tutela Patrimoniale dei Carabinieri, di un “Compianto di Cristo”, opera pregevole del maestro fiammingo, realizzata intorno al 1630, poco tempo dopo il rientro in Belgio da un soggiorno in Italia (1621-1627) che lo aveva portato a scoprire ed amare la pittura italiana. Tiziano, Tintoretto, Correggio lo fulminarono con la loro grandezza e inevitabilmente lo influenzarono e i “Riflessi Italiani” sono riconoscibili in tutti i 34 capolavori della mostra provenienti da musei di tutto il mondo.

La grande sala è divisa in due settori: i ritratti e le opere sacre.

Una decina di ritratti, tra cui troneggia quello del “Cardinale Bentivoglio”, confermano la fama di Van Dyck ritrattista di primordine. La solennità delle pose, la perfezione ritrattistica dei velluti e dei broccati, l’introspezione psicologica dei personaggi ci fanno comprendere perché il maestro fosse richiesto da utti, nobili e borghesi. I personaggi che ha regalato alla storia sono vivi perché vivi sono i sentimenti che traspaiono dagli occhi e dall’espressione dei loro volti. Un’attenzione particolare va data alle mani sempre affusolate e plastiche, mani protagoniste come nel ritratto di “George Cage con due uomini”. Seguono le opere di soggetto religioso.

Van Dyck, che è stato l’eterno secondo di Rubens, forse non raggiunge in questo settore la dimensione del suo maestro. Riesce tuttavia ad avvalersi di uno stile incomparabile che è parto di un’abile operazione di fusione dell’arte di Rubens con quella di Tiziano. Nascono così dei capolavori in assoluto come il “Compianto del Cristo”, la “Vergine che offre il Bimbo a Sant’Antonio” o il “Francesco Oreo in adorazione del Crocifisso”. Impressionante nel Crocifisso e nei Compianti è la figura del Cristo, macchia assoluta di luce, che focalizza l’attenzione del visitatore e lo rende partecipe del dolore evidente degli altri personaggi.


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