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Via il crocefisso da una scuola di Valladolid: polemiche a non finire

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Ha scatenato polemiche a non finire la sentenza di un tribunale della città spagnola di Valladolid che il 22 novembre ha ordinato ad una scuola pubblica del posto di ritirare i crocefissi dalle aule: la decisione è giunta a seguito della richiesta avanzata nel 2005 da un genitore, sostenuto da un’associazione, in difesa della laicità delle istituzioni. La strategia vincente dell’associazione si è basata sul riferimento agli articoli della Costituzione spagnola che garantisce “la libertà di religione e di culto” e il carattere “laico e neutrale” dello Stato. E’ su questi presupposti che il giudice del tribunale della città nel nord della Spagna, Alejandro Valentinsi, ha quindi basato la storica sentenza del tribunale spagnolo: il giudice ha infatti relazionato che la presenza di simboli religiosi nelle classi “dove i minori in piena formazione frequentano le lezioni potrebbe provocare in loro l’impressione che lo Stato è più vicino” alla religione cattolica che ad altre fedi.
L’unico precedente di questo genere risale al 2006 quando le autorità locali di Jaen, in Andalusia, di fronte ad una richiesta simile, erano intervenute per far ritirare i simboli religiosi da una scuola pubblica: in quell’occasione però il Governo regionale aveva preceduto il possibile intervento della giustizia facendo rimuovere di sua iniziativa i crocefissi.
All’indomani della divulgazione della sentenza, in Italia sono piovute critiche da diverse parti. Ad iniziare dal mondo politico. Tra i più determinati nel condannare la posizione del tribunale spagnolo è stato il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini, secondo cui la laicità dello Stato “è un principio troppo serio per essere ridicolizzato, come è avvenuto in Spagna con la sentenza del giudice di Valladolid, che proibisce il crocifisso a scuola”. Per Casini “Spagna e Italia, come altri Paesi d’Europa, sono figlie di un’identità cristiana e tutti, credenti e non, possono convenire sul fatto che le radici cristiane sono state decisive anche nella formazione delle nostre nazioni e dell’unità europea. E’ assai pericolosa una deriva che fraintenda i sani principi di laicità con un laicismo di Stato che non lascia spazio al bisogno innato di religiosità che c’è in ogni uomo. Un vero Stato laico non sradica dalla nostra vita Dio e la religione”.
La decisione “rappresenta una sconfitta della ragione”, anche per Stefano Saglia (Pdl): “chi da più parti invoca la laicità dello Stato come garanzia di libertà – ha detto il deputato – pone le basi per una società che, degenerando nel laicismo più becero, diventa esattamente il suo opposto. C’è da chiedersi se il Tribunale di Valladolid abbia tratto ispirazione da quell’Adel Smith che parlando della Chiesa cattolica quale ‘associazione a delinquere’ richiese la rimozione del crocefisso definendolo ‘un cadavere in miniatura appeso a due legnetti’ e la morte di Cristo ‘un suicidio-deicidio'”. Per Saglia “si è di fronte ad una decisione che preoccupa soprattutto se pensiamo alla costruzione di un’Europa basata su una gerarchia valoriale condivisa dai paesi membri”.
Profondo dissenso per la sentenza è stato espresso anche dall’Osservatore romano: attraverso un articolo firmato dallo scrittore spagnolo Juan Manuel de Prada, il quotidiano del Vaticano ha fatto sapere come il parere del tribunale spagnolo “consacra giuridicamente la rinuncia di una Europa disorientata, irrazionalmente in preda a un impulso di autodistruzione. A nessuna persona in pieno possesso delle proprie facoltà – ha detto de Prada – sfugge che il segno della croce non viola nessun diritto fondamentale; tuttavia da qualche tempo l’invocazione di diritti e libertà si sta trasformando in Spagna in un pretesto giuridico che maschera un sentimento di odio religioso e di ‘cristofobia’, come in modo molto appropriato lo ha definito il cardinale Canizares”. Parole e posizioni forti, insomma, contro un provvedimento che sebbene circoscritto potrebbe rappresentare un precedente importante, anche a livello internazionale: l’impressione, quindi, è che la scia delle polemiche sia destinata ad allungarsi.