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Violenza fisica e verbale alle giovani ginnaste: allenamenti estenuanti per vincere a tutti i costi? Ma a chi giova? Chi ne trae profitto?

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Di fronte a fatti di cronaca come quello che denunciamo in questo documento, APEI (Associazione Pedagogisti ed Educatori Socio-Pedagogici Italiani) ha il dovere di intervenire a difesa delle giovani atlete che subiscono un abuso di potere da parte di allenatori ed allenatrici senza scrupoli, che le sottopongono ad umiliazioni ed offese personali vergognose per costringerle a rispondere alle pressanti richieste di sempre maggiore “prestazione”.

Non si dica poi che, alla ragazzina spinta al limite della disperazione da continue umiliazioni e vessazioni distruttive, DOBBIAMO DARE LO PSICOLOGO PER IL SUO DISAGIO, perché, invece, dobbiamo soprattutto PREVENIRE e, a danno già fatto, PRENDERSI CURA DELLA SUA SOFFERENZA CON UN GIUSTO APPROCCIO EDUCATIVO-PEDAGOGICO anche alla luce delle recenti acquisizioni sociali e scientifiche della NEURO-PEDAGOGIA.

A questo scopo APEI sottoscrive il pensiero del pedagogista Giuliano Bergamaschi, consulente della squadra nazionale maschile di pallavolo (dal venerdì di Repubblica del 7 Ottobre 2022).

Dice il consulente pedagogico Bergamaschi: “La pedagogia si occupa soprattutto del “dover essere” e del “poter essere” di una persona nello sviluppo della sua potenzialità. Ho iniziato con una alfabetizzazione della motivazione, della paura, dell’errore e dell’attenzione. […] I ragazzi assorbono come spugne (forse si riferiva alla mente assorbente di Maria Montessori?) […] Non a caso il punto centrale della pedagogia è la relazione, perché è nella relazione che nascono i valori e la motivazione”. A una cosa Bergamaschi tiene davvero: non chiamatelo <<Mental coach>>: “Ci sono alcuni punti comuni”, continua Bergamaschi, “ma il mental coach ha una visione più focalizzata sulla prestazione, il pedagogista, invece, mette al centro la persona nella sua interezza: perché faccio quello che faccio? Cosa voglio diventare? È una modalità che deriva dalla mia formazione filosofica che in qualche caso si lega anche alle neuroscienze: paura, gratificazione, frustrazione come funzionano a livello neurologico? […]

Queste cose oggi sono studiate, dobbiamo usarle per trarne dei vantaggi educativi”. APEI considera lo sport un’importante occasione di crescita personale e sociale, ma quando questa opportunità viene strumentalizzata, la persona-atleta perde la propria centralità. Al suo posto prendono prepotentemente il sopravvento la brutale mercificazione, il mercato degli sponsor, gli interessi economici. La scelta di praticare un’attività ginnica è il frutto di un bisogno individuale o di un bisogno indotto dalla famiglia o dalla società? Dalle mortificazioni denunciate da una ginnasta che doveva giustificarsi del mezzo grammo di peso in più, si comprende che viene meno la logica pedagogica educativa che prevede l’errore, prevede lo sbaglio. Purtroppo, spesso, sponsor di questo atteggiamento sono i familiari stessi, si esalta la competizione per arrivare all’estremo di genitori che incitano i figli, nella partita di calcio, a spezzare le gambe all’avversario. Si incita a coltivare l’odio sociale, per cui al figlio rimane poco dello sport e tutto diventa tifoseria violenta. Educare è fondamentale per la crescita del singolo e per la sua centralità nel gruppo, molti dimenticano che i bambini di oggi saranno gli adulti di domani: vincere a tutti i costi una medaglia o migliorare l’orizzonte relazionale con il proprio corpo e con gli altri? Dalla consapevolezza della centralità pedagogica emergono nell’attualità due urgenze o sfide: l’attenzione alla formazione dei professionisti sportivi e la centralità del sostegno educativo della famiglia “sportiva”. Coppe e medagliette finiranno in uno scantinato ricoperte di polvere.

Il presidente APEI Alessandro Prisciandaro