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‘Yo sì, puedo’, così la Bolivia combatte l’analfabetismo

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‘Yo sì, puedo’, in italiano significa Io posso: è con questo slogan che il ministero dell’Istruzione boliviano cercherà nei prossimi 30 mesi di ridurre almeno il 13% dell’alto tasso di analfabetismo nazionale presente in tutte le fasce di popolazione. Fino a qui nulla di strano: è normale, si potrebbe dire fisiologico che i governi tentino di elevare la cultura del proprio popolo. Soprattutto quando un bella fetta di questo è composta da indios, affascinanti, sempre ricchi di risorse ma storicamente non integrati più che per scelta a causa della non conoscenza della lingua nazionale. A fare sensazione è però il fatto che a convincere il presidente boliviano, Evo Morales, a investire un’ingente parte di fondi statali per la campagna a favore dell’alfabetizzazione è stata la pedagoga cubana Leonela Relys, ideatrice del progetto (già realizzato con successo in Venezuela, in alcuni stati del Messico e in diverse città argentine) conosciuta a dicembre durante la sua visita a Fidel Castro all’Avana: la pedagoga ha spiegato che il progetto avrà ottime chance di successo perché instradato da 140 insegnanti cubani ormai esperti in questo compito di “iniziazione” linguistica.
Sintomatico anche il fatto che ad inaugurare la campagna è stato l’ambasciatore cubano a La Paz, Luis Felipe Vasquez, che nei giorni scorsi si è recato nella località rurale di Laja, a circa 40 chilometri a sudovest della capitale, dove una ventina di donne indigene aymara, tra i 40 e i 70 anni, si sono iscritte per la prima volta a scuola. “Qui dal 1 marzo – ha detto Vasquez – e per i prossimi 15 giorni si effettuerà una prova pilota. Dal 15 marzo si estenderanno progressivamente i corsi ad altre zone del Paese”.
Ma non saranno solo gli adulti a beneficiare del progetto ‘Yo sì, puedo’: il governo intende infatti attivare, entro fine mese, ben 52 centri di alfabetizzazione dotati di supporti audiovisivi in otto dei nove dipartimenti nazionali e a beneficiarne saranno i 720.000 boliviani di età inferiore ai 15 anni che non hanno mai frequentato la scuola: i centri saranno collocati all’interno di scuole, abitazioni, case parrocchiali e, in un caso, anche in un penitenziario. Il ministro boliviano dell’Istruzione Felix Patzi ha spiegato che “oltre a insegnare lo spagnolo, i docenti , tra cui i 140 insegnanti cubani, lavoreranno anche nelle principali lingue indigene parlate nel paese andino, aymara, quechua e guaranti”.