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A New Orleans l’istruzione è solo privata. È la prima città Usa senza scuole pubbliche

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L’ultima, la Benjamin Banneker Elementary, ha chiuso i battenti mercoledì scorso, soppiantata dalle charter school, istituti scolastici privati finanziati in parte dallo Stato, un’alternativa al sistema pubblico e a quello privato.
Nate 20 anni fa in Minnesota, oggi le charter sono presenti in 42 Stati su 50 e nel distretto della Columbia sono frequentate dal 44% degli studenti.
La causa di tanta repentina diffusione sarebbe stato l’uragano Katrina che nell’agosto del 2005 aveva messa in ginocchio la città. Benchè le scuole pubbliche non fossero del tutto efficienti, erano assai diffuse, poi dopo Katrina, lo Stato ha deciso di farsi carico di 102 scuole su 117 e di metterle sotto il controllo del Recovery School District, un organismo pubblico che da sempre ha guardato al settore privato, favorendone gli investimenti nel campo dell’istruzione.
Per rafforzare il suo sistema scolastico la città attualmente impiega oltre due miliardi di dollari, una buona fetta dei fondi destinati alla ricostruzione. La maggior parte di questi investimenti vengono assorbiti dalle charter, prese in gestione dai privati a costo zero.
Tuttavia non tutto quello che luccica è oro e gli abitanti di New Orleans sembra siano contrari alla del tutto abolizione del sistema di istruzione pubblica. E questo nonostante le charter school abbiano garantito la crescita del livello di scolarizzazione della città. Infatti nel 2005 solo il 54% degli studenti aveva portato a termine il percorso formativo nelle scuole superiori, contro il 77% del 2013.
Inoltre, sono cresciute le polemiche dopo i licenziamenti degli insegnati afroamericani impiegati nelle scuole statali. Mentre loro hanno perso il lavoro, molti bianchi hanno trovato un’occupazione soddisfacente nelle charter, dove sono in netta maggioranza.
Il privato infatti, per sua natura, vocazione e scelta, non ama le graduatorie, né personale scelto da liste oggettive, ma la chiamata diretta. Infatti vuole frugare, anche perché altrimenti svilirebbe la sua missione, nella tendenze culturali e ideologiche dei suoi insegnanti, compresi gli orientamenti sessuali, il colore della pelle e perfino le scelte politiche, quando queste cozzano col suo indirizzo educativo.