Home Estero Ad Aleppo “si combatte una guerra mondiale: è l’inferno”

Ad Aleppo “si combatte una guerra mondiale: è l’inferno”

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Padre Ibrahim Sabbagh, parroco della comunità latina di Aleppo, in un’intervista al Tg2000, il telegiornale di Tv2000, ha gridato al mondo lo stato di estrema emergenza della sua città.

“In Siria è in atto una guerra mondiale. Speriamo si arrivi ad un accordo che metta fine a questa guerra assurda. Siamo di fronte ad una guerra mondiale totale, non a pezzi. Siamo nell’occhio del ciclone, ci sentiamo circondati da tutto il mondo”. “Ciò che rende la situazione terribile – ha aggiunto padre Ibrahim – è vivere con la paura dei missili addosso. Negli ultimi giorni tutti bombardano Aleppo: la Turchia lancia missili contro i curdi, gli americani bombardano intorno alla città, i russi e l’esercito regolare lanciano missili mettendo in atto una forte offensiva. L’esercito regolare sta avanzando grazie all’appoggio aereo dei caccia russi riuscendo così a riprendere diverse zone della città. I jihadisti ci hanno sempre bombardato solo per seminare terrore, hanno ucciso molti innocenti. Speriamo che questo inferno finisca presto”.

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“La situazione è molto difficile – ha raccontato padre Ibrahim – da diverse settimane non abbiamo più acqua, elettricità e i beni alimentari sono venduti a caro prezzo. Dal 4 febbraio sono caduti tantissimi missili sulle case della gente nella zona di Aleppo governata dall’esercito regolare. Ci sono tante persone spaventate. Una suora mi raccontava che nella sua scuola i bambini sono terrorizzati. La gente è molto triste e assistiamo a situazioni gravi. Le case sono state distrutte completamente. Viviamo in uno stato d’emergenza continua e la gente è disperata”.

“Viviamo una Via Crucis da 5 anni – ha proseguito il Parroco comunità latina di Aleppo – molti cristiani hanno perso la speranza, alcuni lasciano le loro case e fuggono dalla Siria senza nessuna pianificazione. I più poveri rimangono qui perché non hanno scelta. Tanti si sono buttati in mare per la disperazione. Noi aiutiamo in tutti i modi queste persone e cerchiamo di non far regnare nei loro cuori la paura. Siamo arrivati al limite”.

“I miei parrocchiani – ha concluso padre Ibrahim – erano oltre 1500, oggi sono circa la metà. Tanti sono scappati nelle città vicine, altri hanno lasciato il Paese. Ogni giorno tante famiglie scappano e si spostano altrove”.