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Aggressioni a docenti e Ata, maggiorazione di pena in arrivo anche per genitori e studenti violenti

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È in arrivo una maggiorazione di pena per chi aggredisce il personale scolastico nell’esercizio delle sue funzioni: ad annunciarlo, dopo l’escalation di casi degli ultimi anni di cui si sono resi protagonisti anche diversi genitori di alunnè stata la sottosegretaria all’Istruzione, Lucia Azzolina, aprendo i lavori del convegno “Promuoviamo la scuola. Innovazione didattica, un ponte verso il futuro“.

“Aggravante per chi aggredisce il personale scolastico”

Parlando anche ai microfoni della Tecnica della Scuola, Azzolina ha tenuto a far sapere che con i componenti della Commissione Giustizia di Montecitorio, si sta impegnando nel realizzare “un intervento concreto, con l’obiettivo di prevedere l’aggravante per chi aggredisce il personale scolastico, per cause connesse all’esercizio della sua funzione”.

“Ieri – ha spiegato – è stato presentato un emendamento che va in questa direzione al decreto sul cyberbullismo. Nessuno deve sentirsi libero di andare a scuola e compiere atti di violenza contro chi ogni giorno lavora per dare al Paese non solo degli studenti preparati, ma anche per formare dei cittadini attivi e consapevoli. Perché atti violenti e offensivi contro docenti, dirigenti e personale Ata non sono assolutamente tollerati”.

“Chi lavora a scuola merita il nostro rispetto”

In precedenza, la sottosegretaria “grillina” aveva rivolto un appello pubblico per “tornare ad amare e rispettare la scuola. Dobbiamo farlo – ha detto Azzolina – restituendole una nuova centralità nel dibattito pubblico e nell’immaginario collettivo. Dobbiamo ridarle dignità e raccontarla anche in modo diverso, positivo”.

Secondo la pentastellata, “il tema è innanzitutto culturale e per questo dobbiamo affrontarlo tutti insieme. Serve una comune consapevolezza dell’importanza che questa istituzione riveste nelle vite dei nostri ragazzi. Del ruolo che gioca per il loro futuro. E serve capire che chi lavora a scuola merita il nostro rispetto. Quello di chi governa, che deve garantire risorse e mezzi al sistema per operare al meglio, e quello di ragazzi e famiglie”.

Quali reati

Ma cosa significa offendere “l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale”, quindi anche degli insegnanti e di tutto il personale in servizio nella scuola? Secondo gli articoli 339 e 336 del codice penale, si tratta di reati che corrispondono a “violenza o minaccia” oppure alla “resistenza a pubblico ufficiale”.

Come già scritto dalla Tecnica della Scuola, atti violenti contro i professori possono essere costituiti non solo da offese, percosse, lesioni e violenza privata, ma il reato scatta anche in caso di stalking, minaccia e diffamazione.

Anche l’ingiuria, oggi depenalizzata, costituisce reato se rivolta ad un pubblico ufficiale: si tratta, infatti, di oltraggio a pubblico ufficiale, delitto che può essere anche commesso dall’alunno che insulti apertamente il docente o che lo denigri in presenza di altre persone.

La “stretta” già nel decreto sicurezza bis del primo Governo Conte

Già all’interno del decreto sicurezza bis del precedente Governo, la scorsa estate è giunta una prima “stretta” sui reati commessi verso i pubblici ufficiali. La norma – che appare anche come una risposta all’escalation di casi di violenza verso i docenti e la richiesta di una legge ad hoc – era contenuta nella conversione in legge con modificazioni, pubblicata in G.U. il 9 agosto scorso del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica.

A pagina 186 della Gazzetta Ufficiale, serie Generale del 9 agosto, c’era scritto: “Art. 341 -bis (Oltraggio a pubblico ufficiale). – Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è aumentata se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato”.

Cosa fare in caso di aggressione a scuola

Ricordiamo che qualora dovesse subire un’aggressione verbale o fisica, il docente, ma il personale Ata, deve informare, con una lettera scritta, il preside nonché, visto l’art. 2087 del Codice civile inerente la responsabilità del Dirigente (obbligato ad adottare le necessarie misure atte a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei dipendenti).

Se riportata traumi o ferite, il lavoratore deve recarsi immediatamente in pronto soccorso per le cure del caso e chiedere il rilascio del relativo certificato medico attestante la diagnosi e le circostanze che hanno causato la richiesta di cure mediche presso la struttura ospedaliera (la certificazione dovrà essere allegata alla successiva denuncia da presentare alla polizia giudiziaria o ai carabinieri).

Il dirigente scolastico, avvisato dal grave episodio accaduto in servizio, ha l’obbligo della denuncia, relativamente ai reati perseguibili d’ufficio (art. 331 del Codice penale). La denuncia va presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria.

Cosa dice il Codice Penale

L’art. 357 del Codice Penale dispone che “agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali, coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa“.

Agli stessi effetti, come disposto dal secondo comma dell’art. 357 novellato dalla l. n. 86/90 e successivamente modificato dalla l. n. 181/92, “è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi“.

Dalla lettura della norma, pertanto, si evince che la qualifica di pubblico ufficiale va attribuita a tutti quei soggetti che “concorrono a formare la volontà di una pubblica amministrazione; coloro che sono muniti di poteri: decisionali; di certificazione; di attestazione di coazione” (Cass. Pen. n. 148796/81); “di collaborazione anche saltuaria” (Cass. Pen. n. 166013/84).

Pubblico ufficiale

L’articolo 358 c.p., a propria volta, dispone che “sono incaricati di pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni d’ordine e della prestazione di opera meramente materiale”.

Secondo la dottrina prevalente per incaricato di pubblico servizio dovrebbe intendersi un soggetto che pur svolgendo un’attività pertinente allo Stato o ad un altro Ente pubblico non è dotato dei poteri tipici del pubblico ufficiale e, d’altra parte, non svolge funzioni meramente materiali.

La qualità di pubblico ufficiale è stata riconosciuta nel tempo a diversi soggetti.

A titolo esemplificativo sono considerati pacificamente pubblici ufficiali: i consulenti tecnici, i periti d’ufficio, gli ufficiali giudiziari e i curatori fallimentari, quali ausiliari del giudice (Cass. Pen. 16.6.1983; 11.5.1969); i portalettere e i fattorini postali (Cass. n. 5.10.1982); gli ispettori e gli ufficiali sanitari; i notai; il sindaco quale ufficiale del governo; i consiglieri comunali (Cass. n. 18.11.1974); gli appartenenti alle forze di polizia e armate; i vigili del fuoco e urbani; i magistrati nell’esercizio delle loro funzioni (ecc.).

Anche gli insegnanti delle scuole pubbliche lo sono, così come ha ribadito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15367/2014, che ha ribadito la qualità di pubblico ufficiale per l’insegnante di scuola media nell’esercizio delle sue funzioni non circoscritto alla tenuta delle lezioni, ma esteso “alle connesse attività preparatorie, contestuali e successive, ivi compresi gli incontri dei genitori degli allievi” riconoscendo tutti gli elementi del reato di oltraggio a pubblico ufficiale a carico di un genitore (riferimenti: art. 357 Codice penale, legge n. 86/90, legge n. 181/92, sentenze Corte di Cassazione n. 229/1986 – n. 6685/1992 – n. 3004/1999 – n. 15367/2014)

Anche i docenti di scuola paritaria, nell’esercizio delle loro funzioni, sono “pubblici ufficiali”; così pure il coordinatore didattico e il gestore.

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