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Ata-Itp Eell, l’Europa condanna ancora l’Italia

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Lo Stato Italiano non può più ignorare ciò che è accaduto a 70.000 lavoratori italiani della scuola, gli ATA-ITP che nel lontano gennaio 2000 transitarono allo Stato, a malincuore, perché costretti dalla l. 124/99 che all’art, 8 prometteva di riconoscere loro tutta l’anzianità maturata nell’Ente Locale di provenienza, garantendo, quindi, ad essi l’equiparazione ai colleghi dello Stato, rispetto ai quali avevano, comunque e da sempre svolto le stesse mansioni e compiti anche se alle dipendenze di due Amministrazioni Pubbliche diverse.
Ebbene dopo una scellerata alleanza Governo-Sindacati protrattasi per 14 anni durante i quali si sono orchestrate le più turpe trame tese da tutti i governi che si sono succeduti (Prodi, D’Alema, Berlusconi, Monti, Letta) finalizzate ad affossare le legittime speranze ed aspettative di questi sfortunati lavoratori, continuano a pervenire, dalle Grandi Corti della Giustizia Europea, a cui si sono visti costretti rivolgersi per dei diritti in Italia negati, pesanti condanne per lo Stato Italiano.
 Sono diverse ormai le Sentenze con le quali “il Giudice di Berlino” ricorda allo Stato Italiano, ed ai sindacati che hanno taciuto, girandosi dall’altro lato per non vedere e tappandosi le orecchie, che certi comportamenti vergognosi e squallidi sono degni dei paesi del terzo mondo e non certo di un paese che si vuole definire a tutti i costi “Europeo”.
Infatti, con la sentenza Montalto, la Cedu ha rafforzato quanto già enunciato nella sentenza Agrati sulla violazione dell’art.6 della Convenzione, rigettando tutti gli argomenti del Governo italiano. Secondo la Corte europea non vi era alcuna necessità di una norma interpretativa che andasse a ridurre il contenzioso, che anzi è stato alimentato, non vi erano ragioni imperiose di carattere generale per giustificare a distanza di oltre cinque anni la modifica dell’art.8 della legge n.124/1999 che riconosceva la piena anzianità di servizio e professionale al personale ATA transeunte, perché non vi era alcun vide juridique, nessun vuoto normativo da colmare, ma solo gli interessi “egoistici” dello Stato (e dell’Avvocatura erariale) da tutelare contro i sacrosanti diritti degli ATA-ITP ex EE.LL.
Insomma, la Corte di Strasburgo con la sentenza Montalto ha espresso con durezza le stesse valutazioni di censura agli abusi dello Stato italiano sulle regole e sui processi e alla slealtà nei rapporti con le Corti sovranazionali .
Lo Stato italiano “di diritto” dovrà prendere atto di queste posizioni delle Corti europee e cominciare a ricostruire le fondamenta della tutela dei diritti fondamentali, coniugandole con le reali esigenze della finanza pubblica, senza inventarsi nuove manipolazioni o cattive interpretazioni della giurisprudenza comunitaria e/o convenzionale.
Per questo motivo la Cedu ha dichiarato la violazione dell’art. 6 § della Convenzione essendo stato non garantito il diritto dei lavoratori interessati all’equo processo.
Ancora più deludente e squallido è il comportamento dei nostri governanti, i quali, alla luce delle molteplici sentenze di condanna, che riconoscono a questi lavoratori di essere stati vittime di una trama ordita dallo Stato Italiano , preferiscono non vedere pur di non affrontare la situazione e non voler ammettere gli errori commessi. A questo punto alle migliaia di lavoratori Italiani ATA-ITP, padri di famiglie e , con alla gola “il cappio” rappresentato dalla restituzione “coatta” imposta dalle Ragionerie Provinciali dello Stato, ancora attivate, nonostante le “sentenze europee”, di condanna allo Stato Italiano per il trattamento subìto, non resta che rivolgersi, ancora una volta , in massa ai tribunali. È esattamente quello che sta avvenendo, dopo l’abdicazione ed il voltafaccia dei rappresentanti politici-sindacali con l’effetto finale che, dato i tempi della giustizia, lo Stato andrà incontro a colossali esborsi che inevitabilmente finiranno con il gravare sulle spalle delle future generazioni. A tale riguardo si pensi che solo per 124 lavoratori la Corte di Giustizia Europea con la sentenza Agrati del 08/11/2012 ha condannato l’Italia a sborsare 1, 8 milioni di euro.
Bene farebbero i governanti italiani a comportarsi “responsabilmente” cercando di intavolare un discorso con i rappresentanti di questi lavoratori per trovare una soluzione che blocchi da subito le ingiuste restituzioni coatte, attuate dalle Ragionerie dello Stato, e, trovare responsabilmente una soluzione ricordandosi che delle “scuse” da parte dello Stato Italiano sono dovute a questi lavoratori invece di continuare a trattarli come “lebbrosi”.
E’ passata la prima Repubblica, è ormai moribonda la seconda, ma i comportamenti dei nostri politici e sindacalisti con il loro silenzio assordante sono sempre più deludenti.
Il Comitato sapendo di interpretare e rappresentare le istanze di migliaia di lavoratori è impegnato nel premere per chiedere incontri Istituzionali con i Presidenti delle Commissioni Cultura e Lavoro ed organizzare contemporaneamente la ripresa dei giudizi legali.