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Bianchi non comprende lo sciopero del 30 maggio: sulla scuola solo investimenti, dal DL 36 regole chiare su assunzioni e formazione in itinere

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“Rispetto le decisioni sindacali. Voglio ribadire però che questo governo ha sempre investito sulla scuola fin dal suo insediamento e sta continuando a farlo”: con queste parole il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha commentato le decisione dei sindacati di proclamare lo sciopero della scuola per l’intera giornata del 30 maggio e di mettere in dubbio il regolare svolgimento degli scrutini di fine anno scolastico: la decisione è stata presa da Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda dopo il nulla di fatto della riunione che si è svolta in mattinata al ministero del Lavoro sui contenuti del decreto legge 36 pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 30 aprile.

Il ministro difende il decreto legge 36

Secondo il professore Patrizio Bianchi, però, “il nuovo decreto, che fa parte del disegno riformatore previsto nel Pnrr, delinea regole chiare per chi vuole entrare nella scuola, compresi i precari, e un preciso percorso formativo per accedere all’insegnamento e durante tutta la vita lavorativa”. Quindi, a detta del ministro dell’Istruzione non vi sarebbero i presupposti per contestare i contenuti del DL 36.

Il numero uno del dicastero bianco di Viale Trastevere, inoltre, torna ad esprimere un concetto già espresso alcuni giorni fa: “il decreto non compie tagli di spesa e come già annunciato insieme al Ministro Franco è intenzione del governo continuare a investire nel settore”.

Il Def però dice il contrario

C’è però un dato oggettivo e inequivocabile che sembrerebbe dare ragione alle proteste dei sindacato: si tratta del Documento di Economia e Finanza approvato poco più di un mese fa, nel quale è scritto nero su bianco che nei prossimi anni la spesa per la scuola si ridurrà dello 0,5%-0,6% rispetto al Prodotto interno lordo.

Se nel 2020 la spesa per l’istruzione è stata pari al 4% del totale, la proiezione per il 2025 è che scenderà al 3,5%, per poi mantenersi attorno al 3,4-3,5% negli anni successivi.

Lo scenario, come abbiamo già scritto, potrebbe tra l’altro ulteriormente cambiare (in peggio per la scuola) se il calo demografico e l’invecchiamento della popolazione dovessero aumentare ulteriormente.

E pensare che anche uno degli economisti più inclini alla spending review, come Carlo Cottarelli, di cui abbiamo parlato in un altro servizio, continua a sostenere la necessità di aumentare in modo significativo la spesa per scuola e università.

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