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“Chi si meritava di morire di più?”, Valditara sul sondaggio degli studenti: “La scuola prenderà provvedimenti opportuni”

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Si parla moltissimo, oggi, del sondaggio fatto da alcuni studenti di una scuola veneta in chat su WhatsApp in cui viene chiesto: Chi meritava di più di essere uccisa, Giulia Cecchettin, Giulia Tramontano o Mariella Anastasi?”. Inutile dire che sono molti a giudicare queste parole profondamente irrispettose.

Le reazioni

A commentare la vicenda lo stesso ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, come scrivono La Repubblica e Vicenza Today: “Quanto accaduto nella chat di un gruppo di ragazzi di Bassano del Grappa lascia molta amarezza e dimostra un alto grado di immaturità e di insensibilità. La scuola saprà prendere i provvedimenti opportuni non solo per sanzionare comportamenti così gravi, ma anche per richiamare alla cultura del rispetto”.

“Voglio ricordare a questo proposito – afferma Valditara – che le nuove Linee guida sulla educazione civica prevedono per la prima volta che l’educazione al rispetto, in specie verso le donne , sia ora un obiettivo di apprendimento che deve essere imparato e su cui si dovrà essere valutati. Le nuove Linee guida contemplano inoltre nuove modalità didattiche (e fra queste il peer tutoring) che riteniamo possano essere particolarmente efficaci per far crescere la maturità e la consapevolezza fra i giovani e per educare a relazioni positive e rispettose. Proprio a questo proposito Indire ha ricevuto l’incarico di formare i docenti alle buone pratiche su un tema per noi decisivo”.

“I commenti di un gruppo di ragazzi di Bassano del Grappa in una chat dove si chiedeva chi meritasse di più di essere uccisa tra Giulia Cecchettin, Giulia Tramontano e Mariella Anastasi, donne vittime di femminicidi, è un fatto davvero agghiacciante. Come ha dichiarato giustamente il Ministro Valditara ‘la scuola saprà adottare i provvedimenti opportuni non solo per sanzionare comportamenti così gravi, ma anche per richiamare alla cultura del rispetto’. Nelle scuole infatti abbiamo messo il rispetto davanti a tutto e molto si fa per contrastare ogni violenza, tra cui ovviamente quella di genere, ma questi gravi fatti dimostrano che deve essere cambiata la mentalità nel suo profondo e per farlo ci deve essere un forte impegno di tutti a cominciare dalle famiglie”, questo quanto dichiara Paola Frassinetti, sottosegretaria all’istruzione e al merito.

“È difficile credere che una chat simile possa davvero esistere. Quanto emerso suscita sgomento e solleva interrogativi profondi sul percorso che ancora resta da compiere per contrastare la violenza di genere e promuovere una cultura del rispetto”. Così il presidente del Veneto, Luca Zaia, come riporta Ansa.

“Non sono un giurista – prosegue Zaia – ma se dalle indagini dovessero emergere profili penalmente rilevanti, mi auguro che siano adottati tutti i provvedimenti previsti. Episodi come questo rappresentano un segnale allarmante e impongono una riflessione seria. È essenziale che, a partire dalla scuola, si promuova un’educazione ai valori fondamentali della convivenza civile e del rispetto dell’altro. Ai ragazzi coinvolti rivolgo un invito a riflettere sulle proprie azioni, a prendere consapevolezza della gravità di quanto accaduto e ad assumersi la responsabilità del cambiamento. Le parole, anche quando pronunciate in contesti virtuali – conclude – hanno un peso e possono generare conseguenze molto reali”.

Il ragazzo si è scusato

“Mi scuso umilmente per ciò che ho scritto. Capisco il dolore, la rabbia e l’indignazione che ho provocato e, purtroppo, non ho giustificazioni né spiegazioni”, ha scritto il ragazzo in una lettera, come scrive Il Corriere della Sera. “Mi ci sono voluti pochi secondi per capire la gravità delle mie parole ma quando poi i miei genitori hanno appreso il fatto e ho visto l’espressione sconcertata sui loro visi, ho compreso la vera portata di ciò che avevo scritto: ho pensato a come avrebbero potuto sentirsi i genitori di quelle donne, i loro familiari e i loro amici, leggendo un simile messaggio scritto da qualcuno che nemmeno le conosceva e mi si è gelato il sangue nelle vene”.

E ha aggiunto: “Sono mortificato per ciò che ho scritto e ritengo di dover porgere le mie scuse ai genitori di quelle donne, ai loro parenti e ai loro amici, a tutte quelle persone che hanno subito o subiscono episodi di violenza, alle mie compagne e ai miei compagni e a tutti coloro che restano giustamente sconcertati anche solo nell’apprendere simili notizie”.

“Il mio assistito ha pubblicato quella cosa ma poi si è reso conto subito di aver sbagliato e l’ha cancellata. Non sa spiegare nemmeno lui perché l’ha fatto, probabilmente una bravata che però è finita male. La cosa è stata fotografata, ora la sua identità va preservata perché potrebbe essere preso di mira – spiega il suo avvocato – la famiglia mi ha contattato per tutelarli. Nel frattempo lui ha chiesto scusa, ha scritto anche una lettera in cui esprime disagio per quello che ha fatto. Io mi occupo anche di formazione nelle scuole e per rimediare al malfatto l’alunno finanzierà di tasca sua uno degli incontri futuri che verranno preparati. A quest’età per capire le cose mettere mano al portafoglio funziona sempre”.

Necessaria educazione affettiva?

Il messaggio, come dimostra uno screen pubblicato dall’associazione Women For Freedom, corredato da risate. Non si tratta, inoltre, di un gesto di un singolo: il sondaggio ha ricevuto voti, come fosse qualcosa di normale. Come se non si parlasse di vite umane, strappate dai propri cari.

Ecco il commento dell’associazione: “È difficile perfino scriverlo. È difficile crederci. Perché questa non è solo una bravata di cattivo gusto. Non è una battuta fuori luogo, ma una mancanza totale di empatia. È uno specchio rotto in cui si riflette una parte della nostra società che ancora non capisce, o non vuole capire, quanto sia profonda la ferita del femminicidio. E non basta dire ‘sono ragazzi’, perché chi crea un sondaggio del genere sa benissimo che sta ferendo. Sta scegliendo di calpestare il dolore. Sta, in qualche modo, giocando con la morte degli altri. E chi risponde, chi ride, chi sta zitto… è parte del problema”.

Secondo l’ente è più che mai necessaria l’educazione all’affettività in classe: “Ogni volta che minimizziamo, normalizziamo. Ogni volta che perdoniamo in silenzio, legittimiamo. Ogni volta che archiviamo, contribuiamo a costruire una società in cui il femminicidio non è un allarme sociale, ma una voce in più nella cronaca nera. Non serve solo la rabbia. Serve anche il coraggio di guardarci dentro. Di chiederci come mai un adolescente oggi si sente legittimato a scherzare su un femminicidio. Cosa non stiamo insegnando, trasmettendo, proteggendo? È più che mai urgente parlare di educazione al rispetto non come ‘argomento sensibile’ da trattare in un’ora buca, ma come priorità assoluta. È il momento di ascoltare davvero le ragazze che in quella classe, dopo aver visto quel messaggio, si sono sentite piccole, vulnerabili, impaurite”.