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Con la primavera tornano gli scioperi: l’Unicobas si ferma il 6 e il 13 maggio

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Ci risiamo. Dopo la “pausa” invernale, con la primavera tornano gli scioperi. Ad annunciarli, per i giorni 6 e 13 maggio, è Stefano d’Errico, segretario nazionale del sindacato Unicobas. “Abbiamo capito – spiega il sindacalista – cosa vuole la Giannini: eliminare la libertà d’insegnamento e d’apprendimento tramite ‘valutazioni’ discrezionali d’autorità ed una gestione privatistica della scuola incardinata sulla figura del dirigente, sulle intromissioni del capitale privato (inteso come committenza), sul collegamento ai risultati dei vergognosi test Invalsi. Nessun investimento per potenziare tempo pieno, mense, trasporti o per contenere tasse e costo dei testi”.

Secondo l’Unicobas, quindi, neppure la Giannini si è accorta che “con 8/9 anni” di offerta formativa obbligatoria (contro i “10/11 della media UE”) siamo collocati “all’ultimo posto nel continente” e che “quotidianamente viene violato il diritto allo studio dividendo le classi a causa della riduzione degli stanziamenti per la sostituzione degli assenti (con decine di migliaia di precari cacciati dalla scuola)”.

Ma a preoccupare il sindacato di base è anche il pericolo della cancellazione definitiva degli automatismi d’anzianità: “dopo che sono stati congelati’e restituiti solo in parte (grazie ad un accordo-truffa sottoscritto da CISL, UIL, SNALS e Gilda) a detrimento del fondo di istituto, ormai privo di risorse per progetti, funzioni strumentali, straordinari Ata ed ore aggiuntive di didattica, ovvero – continua d’Errico – di tutto ciò che serve contro abbandono e mortalità scolastica”.

Il sindacato teme che il Ministro stia fingendo “di non accorgersi che retribuendo al livello più basso d’Europa i docenti ed investendo meno di chiunque in percentuale di PIL destinata ad istruzione, università e ricerca”, quel che sta creando è “una ‘pedagogia sociale’ che deprime il valore della scuola e della cultura e induce da anni evasione e mortalità, le più alte addirittura nelle zone più ricche del Paese (e non più nel meridione)”. E dei docenti sottopagati e con le motivazioni sotto i tacchi: “dal 1995 abbiamo contratti sempre sotto l’inflazione dichiarata (dato Istat) e reale (incremento vero del costo della vita)”.

Dietro al disegno ministeriale, inoltre, vi sarebbe l’intento di “realizzare l’ultimo punto del programma della Loggia P2 rimasto inevaso: eliminare il valore legale del titolo di studio, così che un laureato possa venire retribuito come se non avesse neppure la licenza elementare”. L’obiettivo dell’amministrazione sarebbe quello di “eliminare gli organi collegiali, trasformare le scuole in fondazioni e farle gestire da consigli di amministrazione presieduti dal ‘dirigente’ e non più da un genitore”. Preoccupa, inoltre, la volontà ormai non più nascosta di “assumere il personale per chiamata diretta e discrezionale come nelle scuole private”. Come quella di “ridurre i Licei a 4 anni, eliminare filosofia e storia dell’arte, continuando – dice sempre d’Errico – nell’opera di demolizione sistematica dei saperi e della qualità dell’istruzione cominciata con la ‘berluscuola’: maestro prevalente’e soppressione dell’unitarietà didattica del tempo pieno, taglio delle ore di storia, geografia, lettere, Liceo Scientifico senza il latino”.

L’Unicobas torna quindi a rivendicare un suo cavallo di battaglia: “un contratto specifico per tutta la scuola fuori dall’area del pubblico impiego (dove non è prevista certo la ‘libertà di impiegamento’ e dove non esistono le responsabilità penali che gravano su chi a che fare con minori) e l’istituzione di un Consiglio Superiore della Docenza (con diramazioni provinciali), adibito a garantire, così come per la Magistratura, l’autonomia e la terzietà della Scuola pubblica”.

“Senza tutto ciò – conclude d’Errico – la privatizzazione della scuola e la sua subordinazione alle caste della politica ed agli interessi economici di parte, è sicura. Per tutta la scuola, docenti ed ata, dal momento che anche un collaboratore scolastico ha competenze di vigilanza che un usciere del ministero non ha, dal momento che gli aiutanti tecnici hanno competenze di coadiuzione educativa e gli amministrativi firmano bilanci di milioni che ovunque (anche nel sistema privato) darebbero luogo a retribuzioni ben più alte”.