
Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale solleva molti dubbi, anche nel mondo della scuola, ma non è l’unico aspetto preoccupante nel rapporto tra gli studenti e il mondo digitale. Oltre nove insegnanti su dieci, infatti, pensano che i loro alunni siano influenzati da fake news e disinformazione online. In vari sensi, dalle “idee sbagliate sul sesso” all’incapacità “di distinguere i fatti da ciò che non corrisponde al vero”, dai “dati falsi su fatti storici” alla difficoltà a “comprendere i fatti di cronaca“. È quanto emerge dal Report sul futuro dell’istruzione 2025 di GoStudent, che ha intervistato oltre 12mila persone tra genitori, studenti e insegnati di Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Austria.
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Insegnanti preoccupati per le fake news
La preoccupazione dei docenti di fronte a una disinformazione sempre più pervasiva è quella che emerge in modo maggiore dalle risposte al sondaggio.
“I ragazzi non sono in grado di distinguere tra realtà e fake news”, denuncia un insegnante di storia spagnolo, citato nel documento. Sia i genitori che i docenti, si legge nel documento, “stanno già prendendo provvedimenti per affrontare la disinformazione, le teorie della cospirazione e i deep fake online“.
Questi ultimi – contenuti realizzati con l’IA, che simulano persone reali con un alto grado di verisimiglianza, sia a livello di immagine che di sintesi vocale – sono considerati particolarmente insidiosi dagli esperti della materia, a livello internazionale.
L’Austria attenta, il Regno Unito superficiale
Occorre limitare i danni, insomma. Per farlo, i docenti hanno messo in campo molte iniziative, dal controllo della veridicità dei fatti alla verifica delle fonti, dalle discussioni aperte alle lezioni sulla disinformazione. Come nel caso della formazione sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale, le sensibilità variano nei diversi Paesi europei. La nazione in cui gli insegnanti “tendono maggiormente a incoraggiare studenti e studentesse” a verificare i fatti è l’Austria, dove il 60% dei docenti ha preso a cuore questa battaglia.
Seguono la Spagna (58%), la Germania (42%), la Francia (42%) e l’Italia (36%). Il Paese meno interessato alla lotta alle fake news e alla disinformazione, con distacco, è il Regno Unito (28%).
Tutte le “bufale” a cui abboccano gli studenti
Quanto ai ragazzi, “l’85% dichiara di conoscere i rischi derivanti dai contenuti fake“, anche grazie a una maggiore dimestichezza con l’IA. Ciò non impedisce loro di cadere in alcune bufale clamorose, come dimostrano le risposte al sondaggio. Per il 43% dei partecipanti, per esempio, “il Covid è stato creato in laboratorio“, e la pandemia del 2020 è stata sostanzialmente indotta.
E ancora, c’è chi crede che “il mondo sia governato da un’élite segreta” (41%) e chi si dice convinto che “il cambiamento climatico non esista” (24%). Per andare sui grandi classici, il 23% dei ragazzi ritiene che “gli sbarchi sulla Luna non siano mai avvenuti”, mentre per il 29% “i vaccini sono una cospirazione”.
Gli “anticorpi” delle nuove generazioni
Come accennato, a fronte di tanti rischi, gli studenti non sono del tutto privi di anticorpi. Anzi. Generazione Z e la Generazione Alpha, scrivono gli autori del rapporto, “non sono sprovvedute in termini di informazioni fake e contenuti estremisti online e sono attente a questi rischi”. Spesso, anzi, sono proprio loro a mettere sull’avviso i genitori, gli insegnanti e più in generale gli adulti. Il 48% infatti “dichiara di essersi già imbattuto in fake news e il 50% in immagini fake, dato che raggiunge il 55% in Francia“.
E ancora, “il 24% dei giovani ha dichiarato di aver visto contenuti estremisti online”, dimostrando così di saperli riconoscere, “percentuale che sale al 28% in Germania e al 31% in Austria“.
A proposito di anticorpi, un aiuto, paradossalmente, potrebbe venire dalla stessa tecnologia. Attraverso un’app pensata proprio per individuare le bufale, dedicata agli studenti. L’iniziativa è stata lanciata dalla società Vik insieme a la Repubblica, ed è stata presentata a Roma durante il convegno “Co-progettare la scuola del futuro”, organizzato con l’università Roma Tre e il patrocinio del parlamento europeo. “Ogni studente ha diritto alla migliore educazione possibile”, dice il dirigente di Vik Pasquale Battaglia. “Condividere non è un gesto innocuo, può mettere in moto il caos e si diventa complici di chi la bufala l’ha creata e messa in rete”.
Non solo danni, dall’online anche opportunità
Se da una parte denuncia i rischi, il rapporto non nasconde i benefici che possono derivare dall’apprendimento online. Il Paese in cui i genitori sono più fiduciosi è il Regno Unito (68%). Seguono Germania e Spagna (54%), Francia (51%), Austria (43%) e Italia (39%). Quanto ai ragazzi, grazie alla tecnologia si aspettano soprattutto di “rimanere in contatto con amici e scuola (54%) e “cercare informazioni per i compiti” (42%).
Ma c’è anche chi vuole “conoscere nuove app e tecnologie“, “scoprire nuovi hobby e interessi” (26%) e infine “stare al passo con l’attualità” (20%). Le opportunità, insomma, non mancano. Ma riuscire a coglierle, come nel caso dell’IA a scuola, è tutt’altro che scontato.




