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DdL, lo scontro del governo non è con i sindacati ma con la scuola

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Il dissenso per la riforma della scuola non proviene solo dai sindacati, ma in primis da chi opera nella scuola: è acuta la precisazione di Luigi Di Maio (M5S), vicepresidente della Camera. Intervistato da Sky Tg24, il deputato ‘grillini’ ha tenuto a specificare che sulla scuola “non c’è uno scontro fra governo e sindacati” ma “fra il governo e il mondo della scuola: insegnanti, studenti, personale Ata”. Di Maio ha quindi lanciato “un appello al governo: ascoltate le istanze del mondo della scuola, qui non è questione di battaglia con i sindacati”.

Tutte “queste persone – ha detto Di Maio – aspettavano una riforma da vent’anni, che coinvolgesse l’edilizia scolastica e l’abolizione delle classi pollaio. Basta ai 35 studenti per classe, massimo venti! Ma in questa riforma non c’è niente di tutto questo, non esistono i quattro miliardi per l’edilizia: al massimo ci saranno poche decine di milioni che non risolveranno nulla”.

Parlando, specificatamente, delle immissioni in ruolo, Di Maio ha detto che “si parla di centomila assunzioni ma nel Def ci sono soldi per poche decine di migliaia”: per questo, ha ribadito a nome del partito, occorre assolutamente approvare un decreto ad hoc che preveda l’assunzione di “tutti i precari, con un piano di investimenti da qui ai prossimi cinque anni”.

 

 

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Sul blocco degli scrutini, il deputato ‘grillini’ ha voluto soffermarsi sul fatto “che la scuola pubblica debba essere migliorata, dobbiamo permettere alle famiglie di mandare i ragazzi a scuola con maggiore serenità. I ragazzi che vanno a scuola devono stare in edifici sicuri e classi che non sono dei pollai. Se questo non accade il popolo italiano ha il diritto di ribellarsi in maniera pacifica, con manifestazioni e anche con chi cercherà di mettere in evidenza il proprio disagio durante gli scrutini e i test Invalsi”.

Di Maio ha detto che però si farebbe ancora in tempo ad evitare il boicottaggio delle valutazione degli studenti di fine anno, a patto che in Parlamento “si riuscirà ad assorbire nel testo di legge le proposte che vengono dal mondo della scuola”.

 

 

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