Home Politica scolastica Decreto inclusione: molti gli aspetti critici. Intervista con Evelina Chiocca (CIIS)

Decreto inclusione: molti gli aspetti critici. Intervista con Evelina Chiocca (CIIS)

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Con Evelina Chiocca (Coordinamento insegnanti di sostegno) abbiamo già esaminato diversi aspetti del decreto inclusione approvato dal Governo ma non ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
Completiamo l’analisi del documento cercando di evidenziare i punti di maggiore criticità

Quali elementi di criticità sono ancora presenti nel decreto?

Il Decreto riformato, e giova richiamare che il testo sul quale mi baso per argomentare corrisponde alla “bozza provvisoria” che è stata diffusa, ai correttivi proposti dalla 7 Commissione della Camera e del Senato, e alle dichiarazioni del Ministro (comunicato pubblicato nel sito del MIUR), presenta elementi di criticità particolarmente importanti, che, a mio parere, necessitano di essere modificati o annullati tempestivamente.

Manca una visione culturalmente inclusiva. Siamo ancora nella fase dei “rattoppi”, della logica degli incastri. Ma se si condivide e si conferma la scelta dell’”inclusione”, allora bisogna agire con maggiore precisione e determinazione e non limitarsi a soddisfare episodiche richieste, omettendo di tutelare e garantire il diritto allo studio degli alunni con disabilità.

Si assiste, a mio parere, a una decisa involuzione che alcuni passaggi chiave evidenziano:

  • il non riconoscere la condivisione nella stesura di documenti di progettazione come il Piano educativo individualizzato, affidato ora alla “approvazione” da parte dei componenti del GLO (gruppo di lavoro operativo) al termine della sua elaborazione. Alcuni ritengono che ciò non costituisca un impedimento alla piena partecipazione dei genitori, mentre altri sostengono che il PEI debba essere di esclusiva competenza della scuola.

E lei su che posizione è?

Entrambe le posizioni, a mio parere, sono errate:

  • prima di tutto non bisogna sottovalutare questo tipo di scelte, sperando che “tutto vada bene a prescindere”. Quando si scrive una norma, è necessario ponderare le conseguenze delle indicazioni in essa riportate. Supporre che il ricorso all’approvazione possa essere ignorato, dopo che un Decreto la prevede, lascia alquanto perplessi,
  • inoltre pensare che il PEI debba essere di appannaggio esclusivo della scuola e che i genitori debbano “accettare” le decisioni della maggioranza significa non aver inteso la portata valoriale del processo di integrazione, così come è stato introdotto nella scuola italianaCi spieghi meglio cosa intende direA mio parere l’esclusione “indiretta” della famiglia nella fase progettuale, con l’approvazione del PEI, porterà al conteggio dei “favorevoli” e dei “contrari” e questo lascia intuire come, con molta probabilità, le indicazioni, i suggerimenti, i contributi della famiglia possano anche essere non accolti o ignorati. Il valore pedagogico del PEI risiede nella condivisione: esso è frutto dell’alleanza, irrinunciabile, fra la scuola e la famiglia. Il processo di “integrazione” nasce proprio con questa prospettiva, cioè dalla collaborazione, dalla condivisione e dalla predisposizione congiunta dei contenuti di percorsi necessariamente individualizzati, per i quali il concorso dei genitori “fa la differenza” e non può essere ignorato nelle scelte educative da essi adottate, impegno, quello educativo, che la Costituzione attribuisce proprio alla famiglia. Se viene meno ciò, se alle procedure di approvazione viene lasciata l’ultima parola, che senso ha convocare la famiglia? Qual è il senso della condivisione se poi, al conteggio finale, altre sono le logiche che possono prevalere?Proseguiamo con l’esame delle criticità…
  • la predisposizione del PEI “in via provvisoria” nel mese di giugno equivale a non considerare il cambiamento dell’alunno durante il periodo estivo; sappiamo bene tutti quanto sia alto il rischio che tale “bozza” diventi il documento definitivo, fermo restando che si tratta di un’inutile artificiosa incombenza, che sottrae risorse e tempo e non apporta alcunché di costruttivo e di positivo;
  • l’escludere dalle “dimensioni” (così definite nel decreto) l’apprendimento, che la legge 104/92, invece, sottolinea con ben due commi all’art. 12). Mi si obietterà che sono stati inseriti “obiettivi educativi e didattici”, ma allora si deve anche chiarire perché segue un lungo elenco di “dimensioni” riguardanti gli aspetti educativi e si tralascia quella parola che la legge 104, all’art. 12, richiama in ben due commi: “l’apprendimento”;
  • la mancata scelta della formazione del personale della scuola inclusiva: si insiste nella visione “alunno con disabilità e insegnante di sostegno” come realtà “ex-clusiva” nella classe inclusiva. Al docente di sostegno è affidato l’alunno: una convinzione che, culturalmente, appartiene ancora a molti. Nel decreto, tale impostazione, è evidenziata sia dalla maldestra operazione continuità, riservata a un alunno della classe, certificato con disabilità, e a un solo docente, quello incaricato su posto di sostegno, seppur specializzato, sia sull’insistere nella formazione del docente specializzato attraverso “percorsi aggiuntivi” a quello iniziale, illudendosi che alcuni non ben definiti CFU, dichiarati ma non specificati, siano sufficienti a formare diffuse professionalità competenti in didattiche inclusive. Non basta. E, nel frattempo, si persiste nel plasmare “il docente specializzato” e non a formare il personale della scuola inclusiva.E sulla richiesta delle risorse per il sostegno cosa ha da osservare?Vi era grande attesa rispetto alle modalità di assegnazione delle ore di sostegno, che il decreto “sembrava” aver riattrtibuito al GLO, gruppo di lavoro. In realtà l’indicazione delle ore è soggetta a una serie di vincoli tali che, molto difficilmente, alla richiesta originale corrisponderà una adeguata erogazione.
    Il primo soggetto incaricato di “vagliare” le ore proposte dal GLO sarà il dirigente scolastico, che dovrà consultare il GLI, gruppo di lavoro per l’inclusione e il GIT, gruppo per l’inclusione territoriale, e non, invece, analizzare i singoli PEI e ascoltare i docenti della classe o della sezione, come indicava, correttamente, il precedente provvedimento. Il GIT, a sua volta, dovrà esprimere un parere favorevole o difforme nei confronti della proposta del D.S., inviando una sua ipotesi all’USR (Ufficio Scolastico Regionale). E come se ciò non fosse sufficiente, il GLO, nella definizione della sua proposta, dovrà rispettare precise indicazioni che un successivo decreto, da emanarsi in accordo fra il MIUR e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, preciserà. Insomma: a parole la scelta è stata restituita al GLO, nei fatti non sarà il GLO a decidere.Ecco, parliamo del contestatiissimo GIT

    Del GIT (Gruppo per l’Inclusione Territoriale) non si conosce la composizione né sono noti i compiti attribuitigli, se non quello di esprimere un parere sulle ore di sostegno richieste dal Dirigente scolastico. Eppure a questo gruppo sono riconosciuti ben 15 milioni di euro annui! Il Decreto, in realtà, lascia intuire che a questo gruppo, unico a percepire un compenso, dato che tutto il provvedimento è “a costo zero per la finanza pubblica”, saranno date ulteriori indicazioni di lavoro, fermo restando che, sempre da decreto, da altri articoli, si apprende che i GIT dovranno intervenire nella definizione del PEI e del Piano per l’inclusione, che ogni scuola dovrà predisporre.
    È alquanto probabile ipotizzare una grande confusione in merito a compiti e competenze spalmati quasi a caso: come può il GIT essere presente alla definizione di tutti i PEI del territorio?

Mi pare che di elementi negativi ce ne siano a sufficienza…

Secondo me bisogna ancora menzionare: a) la costituzione di un nuovo gruppo incaricato di formare sui contenuti del nuovo decreto i docenti in servizio, senza pensare di investire di tale compito le Scuole Polo, già deputate alla formazione; b) il ritorno dei Centri Territoriali di Supporto, inseriti sempre all’art. 9, che, per “ottimizzare l’erogazione del servizio” attiveranno “modalità di collaborazione con i GIT”, per supportare i processi di inclusione delle scuole del territorio (non si capisce perché in ogni nuova norma debbano essere inseriti e/o richiamati i CTS); questi Centri debbano essere richiamati ogni volta che si scrive una nuova norma!); c) il ritenere che il servizio di istruzione domiciliare debba essere assolto unicamente dai docenti specializzati, ovviamente a “costi zero” per la finanza pubblica.
E, in aggiunta, come non sottolineare l’insistenza con cui, ad ogni articolo, viene precisato che ogni attività prevista, anche se si tratta di impegni aggiuntivi a carico di personale della scuola, sono tutti a costo zero, fatta eccezione per i GIT!!!.

Vogliamo fare qualche esempio di disposizioni che lei ritiene davvero sbagliate?

Piace qui richiamare alcune amenità, che sembrano sfuggite, ma che, in realtà, lasciano intuire come la fretta, cattiva consigliera, non sia stata l’unica a determinarle:

  • Piano Educativo Individualizzato: un documento che riguarda tutti gli alunni delle scuole di ogni ordine e grado, dalla scuola dell’Infanzia fino alla secondaria di secondo grado; in base al riformato Decreto per ciascun alunno con disabilità nel PEI dovranno essere indicati “gli strumenti per l’effettivo svolgimento dei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento, assicurando la partecipazione dei soggetti coinvolti nel progetto di inclusione” (ossia l’alternanza scuola-lavoro);
  • Piano educativo individualizzato: si prevede la redazione di una bozza di PEI nel mese di giugno e, contestualmente, si afferma che il PEI “è redatto a partire dalla scuola dell’infanzia ed è aggiornato in presenza di nuove e sopravvenute condizioni di funzionamento della persona”. O si scrive per ciascun anno scolastico o si aggiorna un documento, la cui elaborazione è stata avviata dalla scuola dell’infanzia (e per coloro che saranno certificati in seguito?);
  • GLO: fra i componenti del gruppo di lavoro operativo viene assicurata “la partecipazione attiva degli studenti con accertata condizione di disabilità in età evolutiva ai fini dell’inclusione scolastica nel rispetto del principio di autodeterminazione” (l’età evolutiva non inizia a 18 anni…).

Chiamiamoli refusi…