
Sono molti i docenti originari del Sud Italia costretti a spostarsi nel Settentrione per lavorare, spesso vivendo in affitto e arrivando a stento a fine mese. Questo è il caso di alcune giovani docenti di sostegno che sono state intervistate ai microfoni de Il Corriere della Sera.
Gli sfoghi
Tre di loro, docenti di sostegno, due calabresi e una siciliana, vivono insieme da fuorisede a Milano. “Il primo anno abbiamo vissuto in appartamenti separati ma i costi sono proibitivi: dal 2019 abbiamo unito le forze e siamo affiatate coinquiline. Di necessità virtù, restiamo giovani”.
Un’altra, pugliese, ha detto: “Il primo anno ero in una residenza per universitari ma farlo a questa età ha un sapore amaro invece che allegro”: Ecco le parole di un’altra insegnante siciliana: “Nessuno ha veramente voglia di vivere con qualcuno che non sia un fidanzato o un familiare dopo i trent’anni. I costi di questa città sono proibitivi: per un bilocale l’affitto è passato da 800 a 1.200 euro perché è stata aperta la metro blu. Con uno stipendio di 1.500 euro e ho una sola opzione: andare ad abitare fuori Milano, cosa che farò tra qualche mese”.
“Cosa mi fa rabbia? Che pur lavorando, da stakanovista, mettendo tutto il mio impegno e la mia professionalità, non posso permettermi di vivere in questa città che mi piace moltissimo, perché offre tanto dal punto di vista culturale. Sono una professionista, assunta a tempo indeterminato, ma a Milano con il mio stipendio vivere da sola al momento è impossibile”, ha aggiunto.
Ecco le parole di una napoletana: “È una girandola infinita, a causa dei prezzi delle case e degli stipendi che restano bassi. A questa età non è facile convivere, se non si è fidanzati, in più ero lontana dal lavoro e la zona di Magenta non è molto vivace”. Per un alloggio con tre stanze al primo piano (in casa sono in tre) pagano 700 euro a testa: “Prezzi folli, l’intimità è sotto lo zero, stendiamo i panni in casa… Niente balconi, ma siamo del Sud, teniamo sempre le finestre aperte”.
Caro affitti pure per docenti e Ata fuori sede: spendono 1.000 euro al mese, così lo stipendio è quasi finito.
Il caro affitti denunciato dagli studenti universitari delle grandi città e dalle loro famiglie riguarda pure i lavoratori fuori sede. E una delle categorie con più alto numero di casi riguarda gli insegnanti della scuola pubblica, compreso il personale Ata.
La Tecnica della Scuola ha chiesto ai suoi lettori, attraverso un sondaggio, quanto arrivano a spendere al mese per l’affitto degli appartamenti, bollette comprese, decine di migliaia di lavoratori della scuola, di ruolo e precari (la maggior parte dei quali “emigrati” da Sud Italia in scuole del Centro-Nord): l’obiettivo è quello di capire se uno stipendio base possa bastare ad affrontare il caro vita.
Il dubbio è lecito. Anche perchè nell’ultimo decennio i compensi nella scuola, come nel pubblico impiego, sono aumentati appena del 7,5%, a fronte di un’inflazione che solo nell’ultimo anno ha sfiorato quella percentuale producendo un vistoso aumento dei prezzi.
Ebbene, i dati del campione che ha partecipato al sondaggio hanno confermato che c’è poco da ridere: per i docenti e Ata fuori sede è emersa una spesa media complessiva, per gli affitti e per le utenze, attorno ai 1.000 euro al mese. Considerando uno stipendio base di 1.300-1.400 euro netti al mese, è possibile trarre la conclusione: la spesa mensile affrontata per affitti e bollette non è sostenibile sia per chi vive da solo, sia per chi ha una famiglia a carico.