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E la III fascia d’istituto?

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Domanda legittima e appello accorato, quello che tutti i giorni raccogliamo quotidianamente dai docenti precari delle graduatorie di III fascia, completamente ignorate dal Governo, dalla stampa e dai sindacati.

La storia si ripete ma non insegna nulla: docenti che continuano a coprire incarichi annuali di servizio ma che, come succede da quando ci siamo costituiti in associazione, non fanno notizia, nonostante il loro lavoro e la loro fisionomia professionale. I discorsi sul merito, la mistificazione mediatica sulle supplenze brevi e temporanee hanno favorito una generale disinformazione che nasconde anomalie del sistema evidenti soltanto a noi precari, frutto delle le negazioni operate dal Miur nei confronti del precariato storico delle graduatorie d’istituto. Migliaia di docenti attendono risposte concrete che il Miur non vuole o non sa dare. Così gli abilitati fuori dalle Gae, a parità di titolo, devono lottare per un adeguato riconoscimento ai fini della progressione nella carriere di insegnante e della stabilizzazione, mentre i docenti della III fascia, definiti non abilitati, continuano a coprire i posti vacanti nelle scuole di ogni ordine e grado, ben sapendo che il Ministero ha deciso di spazzarli via, con un colpo di spugna, semplicemente abolendo tali graduatorie. Chi vi è iscritto, quindi,, secondo le scelte politiche del Governo che prevedono concorsi soltanto per gli abilitati, non avrà nessun riconoscimento, nessuna prospettiva, nessuna adeguata “soluzione” dopo anni di sfruttamento. In III fascia, bisogna ricordarlo, ci sono i docenti scaglionati dei Percorsi abilitanti speciali (Pas) istituiti nel 2013 per consentire l’abilitazione ai docenti con pluriennale servizio, adesso al secondo ciclo, e con loro i docenti che per varie ragioni non sono potuti accedere a questi percorsi (tra cui che alcune classi di concorsi non sono state istituite o non sono state previste in tutte le regioni) o che nel frattempo hanno maturato tre o più anni di servizio, quello previsto per accedere ai Pas stessi. Inoltre, sempre in III fascia Ma per loro, fuori dallo scaglionamento, nessuno strumento adatto a “sanare” l’utilizzo di personale “non abilitato”, per evitare contenziosi, come si disse per motivare la definizione dei Pas, nessuna prospettiva, neanche in ragione del pluriennale servizio, come se la norma europea che hanno determinato l’istituzione di percorsi abilitati speciali fosse sorpassata. Oltre a ciò, va ricordato che molti dei docenti iscritti nella III fascia d’istituto, gli insegnanti tecnico pratici prima di tutti, non hanno visto attivare per circa quindici anni alcun percorso abilitante, non hanno potuto accedere al Concorsone del 2012, perché non è stata prevista la loro classe di concorso ma, sempre da quindici anni, sono utilizzati per coprire incarichi su posto vacante. In ultimo, non in ordine di importanza, in III fascia sono relegati i dottori di ricerca, questi “illustri sconosciuti” del sistema Universitario italiano che, per incompatibilità del loro percorso con i percorsi abilitanti, ordinari e straordinari, possiedono il più alto titolo scientifico e culturale che si possa conseguire in Italia e in Europa ma che, a differenza dei loro colleghi europei, non hanno alcun riconoscimento se non in termini di punteggio, cosa che non valorizza le competenze e le capacità acquisite nell’ambito della ricerca scientifica delle materie di insegnamento.

Troppe le contraddizioni, troppe le dimenticanze in un sistema che il Governo vorrebbe modificare senza tener conto del pregresso, un pregresso non autogeneratosi ma frutto di stratificazioni e scelte politiche contraddittorie di cui qualcuno deve farsi carico. Non possono certo essere i docenti di III fascia, uscendo di scena in silenzio. Ricordiamo al Ministro dell’Istruzione, al Governo, che in questi giorni si moltiplicano le sentenze in favore dei docenti delle graduatorie d’istituto, sia in termini risarcitori che di stabilizzazione. Ricordarlo sembra una minaccia, ma è soltanto la costatazione che la tutela necessaria non proviene più dalla giusta parte ma dalla Magistratura, chiamata in causa per riequilibrare un sistema allo sbando. Sicuramente le soluzioni alternative ci sono ma si tratta di sceglierle. Il Miur, quindi, non può che prenderne atto adoperandosi per attuare politiche adeguate alla disastrosa situazione, invece che arroccarsi alimentando il moltiplicarsi dei contenziosi.