
Riprenderà mercoledì 25 giugno nella Commissione Cultura della Camera l’esame del disegno di legge in materia di consenso informato da parte delle famiglie per le attività che le scuole intendono organizzare sui temi della sessualità.
L’esame del provvedimento si preannuncia piuttosto complesso e sarà molto interessante capire in che modo il Parlamento riuscirà a risolvere alcuni problemi posti dal testo del disegno di legge.
Una delle questioni più delicate riguarda la scuola dell’infanzia e quella primaria: il ddl, infatti, esclude che in questi due ordini di scuola si possano attivare programmi che riguardano i temi della sessualità, fermo restando – aggiunge il ddl – quanto previsto dalle Indicazioni Nazionali. Il ddl aggiunge anzi che le indicazioni nazionali vigenti inseriscono, tra gli obiettivi specifici di apprendimento al termine della classe quinta della scuola primaria, quello di “acquisire le prime informazioni sulla riproduzione e la sessualità”; ed anche nella bozza delle nuove indicazioni nazionali pubblicata dal Ministero, sempre con riferimento alla scuola primaria, tra gli obiettivi specifici di apprendimento al termine della classe quinta è riportato quello di “acquisire le prime informazioni su riproduzione e sessualità”.
Per evitare possibili contenziosi con le famiglie sarà bene che, in sede di approvazione definitiva del provvedimento, il Parlamento precisi se anche le attività riferite alle Indicazioni necessitino del consenso informato.
Ancora più complessa appaiono i problemi relativi alla scuola secondaria e a quella di secondo grado, perché in questo caso si tratterà di distinguere anche fra attività curricolari ed extracurricolari.
Ad un primo esame del testo sembra che il consenso informato sia necessario soprattutto per le iniziative extracurricolari per le quali vengono coinvolti anche esperti e soggetti esterni.
Facciamo allora un esempio molto banale: nella scuola XY si decide di organizzare un percorso educativo per parlare dei metodi contraccettivi; affrontando il programma con un “corso” extracurricolare sarebbe necessario acquisire il consenso informato delle famiglie, mentre se lo stesso percorso venisse organizzato in “compresenza” dall’insegnante di scienze e dal docente di ambito psico-pedagogico l’attività potrebbe essere definita curricolare e non necessiterebbe di nessuna “autorizzazione”.
Insomma, sembra che di nodi da sciogliere ce ne siano più di uno, vedremo come si svilupperà il dibattito in Commissione e poi in Aula.