Home Politica scolastica Elezioni, i voti della scuola hanno cambiato il Parlamento: ora i parlamentari...

Elezioni, i voti della scuola hanno cambiato il Parlamento: ora i parlamentari cambino la scuola

CONDIVIDI

C’è chi liscia i precari promettendo assunzioni “razionali” “in base al fabbisogno” (M5S). Chi (come le Destre) giura di aver nel cassetto l’ennesimo “piano di investimenti” nell’edilizia scolastica. Chi (come il PD) promette per l’edilizia scolastica ben dieci miliardi d’investimenti.

Il giorno delle urne alla fine è arrivato. Con nuovi assetti politici in arrivo. E presto, il 23 marzo, i nuovi onorevoli e senatori si insedieranno nelle rispettive Camere.

Gli insegnanti hanno votato: molti con le idee chiare, almeno altrettanti confusi e indecisi. A loro i partiti hanno promesso mari e monti. Un milione di voti, tra docenti e personale ATA, fa gola a chiunque; e in ballo ci sono altri milioni di voti, tra genitori, studenti maggiorenni e cittadini sensibili al problema dell’istruzione. Quando si avvicinano le elezioni, tutti si ricordano che la Scuola è importante, perchè sanno che spostano gli assetti: tranne scordarsene il giorno dopo.

Tutti garantiscono grandi cose per l’edilizia scolastica: M5S un fondo unico per gli investimenti e un piano che metta finalmente in sicurezza gli edifici scolastici; PaP un “piano straordinario con particolare riferimento alla sicurezza antisismica”; LeU, addirittura, una “conversione ecologica” dei medesimi. Altre grandi promesse (utili per racimolare altri milioni di voti) per l’Università: un sistema “equo ed accessibile” (M5S); diecimila ricercatori assunti (PD); “rilanciare l’università come piattaforma primaria dell’educazione” (Berlusconi e camerati); addirittura abolire le tasse universitarie (LeU).

Lusinghe

Tutti lusingano i precari: il PD facendo sperare l’assunzione in base a “merito” e “competenze” (come se gli altri partiti volessero assumere incompetenti e immeritevoli); LeU assicurando la stabilizzazione mediante un “piano pluriennale”; PaP promettendo “l’assunzione di tutti i precari con 36 mesi di servizio e la cancellazione del precariato”; Meloni e camerati sventolando l’“azzeramento” del medesimo (camere a gas?).

Quanto alla dolente nota dell’alternanza scuola-lavoro, LeU la definisce “strumento”, e non vuole abolirla, ma “ripensarla”. M5S pensa di abolirne l’obbligatorietà. Il PD vuole confermarla e potenziarla, così come la destra “berluschiforme”. PaP è netta: eliminazione. Indovinare quali di questi partiti siano più inclini a realizzare i sogni di Confindustria.

Ma le più grandi promesse riguardano la legge 107/2015 (sedicente “Buona Scuola”): PaP, LeU e M5S s’impegnano ad abolirla; il PD vuole invece confermarla e potenziarla; Salvini e camerati intendono modificarne alcuni “punti critici”, come potenziamento e chiamata diretta (di cui le Destre sono sempre state accesissime fan).

Millanterie

Tutti millantano più soldi per i docenti. Nessuno però ricorda agli stessi che una legge (il Decreto Legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, fatto da un Governo di centro-“sinistra” appoggiato dai Confederali) proibisce di pagare i docenti delle scuole più di quanto stabilito dal Ministro della Funzione Pubblica sulla base del suo imperscrutabile vaticinio circa quella che misteriosamente viene definita “inflazione programmata”: quindi gli aumenti devono essere, in base a quella legge, sempre proporzionati a una minima parte dell’inflazione reale. Perciò, quand’anche un rivoluzionario ministro dell’Istruzione volesse aumentare davvero gli stipendi degli insegnanti, non potrebbe farlo senza prima tirarli fuori dal campo di applicazione del D.Lgs. 29/1993. Però questo, stranamente, nessun partito né movimento lo dice, mentre i Sindacati Confederali, bellamente, tacciono.

Il D.Lgs. 29/93 ficcò a forza i docenti delle Scuole nel Pubblico Impiego benché non fossero impiegati, privatizzando il loro rapporto di lavoro, sottoponendoli al Dirigente Scolastico, rendendoli licenziabili per esubero. Non fu così per docenti universitari, militari di carriera, magistrati, che restarono pubblici dipendenti (e non pubblici impiegati), e il cui rapporto di lavoro rimase di natura pubblica. Lo dicono questo partiti e Sindacati di Stato? No. Dunque fingono di voler risolvere il problema.

Così come fingono di voler lottare contro lo strapotere dei sindacati rappresentativi tutti quanti non vogliono nemmeno parlare di cambiare l’attuale legge sulla rappresentanza sindacale, che garantisce al tricorporeo Sindacato di Stato l’indisturbato strapotere di cui gode. Ne parleremo in un prossimo articolo.

Dubbi

Dubbia pare anche la reale volontà di tutti i partiti di difendere davvero i docenti dagli effetti della Legge 107/2015. Disagio ha suscitato infatti, persino tra gli insegnanti più vicini al M5S, la decisione di affidare il futuro dicastero dell’Istruzione a Salvatore Giuliano, Dirigente dell’Istituto “Majorana” di Brindisi, noto fautore di “Buona Scuola”, “liceo breve”, “scuola lavoro” e di tutte le altre amenità pseudodidattiche del mondo renziano e neoliberista.

Giuliano ora giura fedeltà al programma M5S, ma una cosa è certa: i Docenti non devono delegare a nessuno la propria dignità. Nessuno può rappresentare i Docenti meglio di quanto possano farlo essi stessi. Per questo le prossime elezioni RSU sono per la Scuola molto più importanti delle elezioni politiche del 4 marzo.