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Geostoria, ecco perché non è efficace né per lo studio della geografia né per quello della storia

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L’Italia è un Paese ignorante in Geografia. Nella scuola di ieri sapevamo mari, monti, fiumi, capoluoghi di regione, capitali europee e dei principali paesi del mondo. Si facevano le gare in classe sulla geografia ed era una gara avvincente e altamente formativa. Ora, nell’era della globalizzazione e dell’informatica che “impera” dappertutto, con computer, tablet, smartphone che si permettono di girare il mondo con un click, non conosciamo più nulla di geografia. Non si usano più gli atlanti geografici, strumenti indispensabili per leggere le carte, individuare mari, monti, laghi, fiumi, eppure nella scuola di ieri conoscevamo la geografia. I nuovi “soloni” pedagogisti e gli inventori di teorie didattiche (vuote di sostanza e contenuti) hanno relegato la geografia a “cenerentola” delle discipline scolastiche. E ci siamo ritrovati alunni che non sanno alcunché di geografia e fanno una colossale confusione e adulti che partecipano ai quiz televisivi che le sparano sempre più grosse sulle domande di geografia, da far accapponare la pelle. Ad aggravare il problema sulle nozioni geografiche ha contribuito nelle scuole secondarie superiori, la formazione di un ibrido mostruoso che si chiama “geostoria”, che (senza nulla togliere alla coniazione del termine dovuta a Fernand Braudel) non è né storia né geografia. È una materia, “geostoria”, che svilisce e mortifica allo stesso tempo tutte e due le discipline annullandole e svuotandole del loro contenuto didattico ed epistemologico. In realtà viene insegnata una materia “geostoria” che non esiste e i docenti sono costretti a fare i saltimbanchi per far capire agli alunni le connessioni storiche e geografiche che, magari, collegano due periodi completamente distanti nello spazio e nel tempo. In siffatto modo vengono meno lo studio sia della storia (che inizia con la stanzialità dell’uomo) sia della geografia che colloca l’uomo nello spazio rendendolo un essere dinamico. In geografia gli alunni della scuola del terzo millennio – lo ribadiamo più marcatamente – ignorano confini, laghi, oceani (confondono gli oceani e i mari), i fiumi, i monti, non conoscono le capitali e le città più importanti di uno stato europeo e mondiale. Un tempo si studiava la geografia con l’atlante e si obbligavano gli alunni a portarlo a scuola, oggi, invece usano Google Maps e non sanno nemmeno orientarsi nello spazio. Nell’era della tecnologia orientarsi è facilissimo, ma non si ha la cognizione dello spazio e dell’orientamento. Sono queste le vere riforme che servono alla scuola: tutto il resto è palliativo o meglio un contorno vuoto di senso e di significato. Torniamo ad insegnare la vera geografia, quella che ha fatto appassionare molti studenti, quando un tempo i ragazzi si appassionavano a questa disciplina mentre oggi la vedono come una disciplina noiosa e arida. Gli studenti devono essere consapevoli che tutte le tipologie di concorsi pubblici e privati prevedono una prova preselettiva di cultura generale per monitorare se lo studente possiede o meno quelle conoscenze minime generali di quanto ha appreso sui banchi di scuola. E, invece, quando ci si imbatte nella correzione degli elaborati contenenti domande di cultura generale c’è veramente da mettersi le mani in testa, da restare sbalorditi, in quanto le risposte ivi contenute sono a dir poco assurde e denotano una superficialità e pochezza di saperi acquisiti. È bene che il MIUR prenda atto di questo e insista molto sulle conoscenze di base che gli alunni devono possedere al termine di ciascun ciclo d’istruzione. Si tratta di quelle conoscenze globali che lo studente potrà poi spendere nel mondo del lavoro che oggi è molto competitivo. Solo quando avranno quel bagaglio di conoscenze che permetterà allo studente di muoversi nel mondo, possiamo parlare delle competenze da mettere in pratica.

Mario Bocola