Home I lettori ci scrivono Ho vinto il concorso, ma per un cavillo burocratico sono rimasta precaria....

Ho vinto il concorso, ma per un cavillo burocratico sono rimasta precaria. E lo sarò, probabilmente a vita

CONDIVIDI

Egr. Ministro Patrizio Bianchi,

Mi chiamo Silvia Stella, sono una ragazza di 32 anni, violinista, marchigiana, vivo ad Ancona ed insegno come precaria nella scuola pubblica da 8 anni.

Sono disperata.

Semmai avrà voglia e tempo di leggerla, le racconto la mia storia.

Ho iniziato lo studio del violino proprio alla scuola media ad indirizzo musicale della mia città, Porto san Giorgio, all’età di 11 anni. Abbastanza tardi all’epoca, in effetti. Solitamente il percorso musicale iniziava da molto piccoli per avere qualche speranza di fare della musica la propria vita, il proprio lavoro. Ma nonostante tutto, negli anni della scuola media, ho vinto tanti concorsi musicali della regione con il mio violino ed i miei genitori iniziarono a pensare di potermi dare una possibilità.

In terza media ho fatto l’esame d’ammissione in conservatorio. Ero ammessa direttamente al terzo anno. Da li ho proseguito gli studi, parallelamente al liceo scientifico. Dalle 8 alle 13 andavo a scuola, ingoiavo un panino in autobus e dalle 14 alle 19 ero in conservatorio per le lezioni di violino, solfeggio, pianoforte, storia della musica, armonia, musica da camera, orchestra, quartetto ecc. Alle 20 tornavo a casa, cena e dopocena facevo tutti i compiti e studiavo per il giorno dopo. Così per tutti gli anni del liceo. Ero a pezzi è vero, ma ero felice di farlo. Amavo così tanto il violino, la musica, che non mi importava dei sacrifici. I miei amici uscivano il pomeriggio, andavano alle feste, ma io no, il sabato e la domenica andavo a suonare, a sentire concerti, a fare esperienza sul campo.

Poi a 17 anni, l’imprevisto.

Mi diagnosticano un tumore maligno, linfoma di Hodgkins al terzo stadio.

Al terzo anno di liceo scientifico sono stata costretta a salutare i miei compagni e a perdere un anno, sa, dovevo stare a casa per forza con 300 globuli bianchi invece di 10mila, non potevo permettermi di stare 5 ore in una classe con altri 27 compagni, non c’era la Dad ancora, pensare mi avrebbe salvata all’epoca, ma tant’è.

Ho fatto 6 cicli di Chemioterapia e 1 mese di Radioterapia a Pesaro. È stata dura, ho perso tutti i capelli, ho dovuto portare 1 anno la parrucca, il mio viso era gonfio di cortisone e farmaci, non mi reggevo in piedi la maggior parte del tempo.

Ma ho continuato, 1 volta a settimana, ad andare in conservatorio, sfidando la paura di svenire, di prendere un raffreddore che poteva costarmi la vita, sfidando la paura di essere scoperta e giudicata dai miei coetanei, a soli 17 anni. O che in un giorno ventoso mi volasse la parrucca, poteva succedere, sarebbe stato un incubo per una ragazzina di quell’età!

Il violino, la musica mi hanno salvato la vita, lo sa?

Suonare, l’amore incondizionato per la musica, per il violino, mi ha dato la forza di andare avanti, di lottare, di continuare a vivere.

Il mio sogno, sin da piccola, è sempre stato quello di fare quello che faceva il mio primo insegnante, colui che ringrazio per avermi trasmesso questa passione, un sogno modesto in fin dei conti: insegnare violino a scuola per cercare di trasmettere e di ridare ai ragazzi quello che io avevo avuto la fortuna di ricevere, e suonare in orchestra nella restante parte del tempo. Tutto qui. Non diventare una concertista di fama mondiale, di vincere qualche concorso prestigioso, di andare a vivere a New York? No. Questo era il mio grande sogno.

Dopo gli studi mi sono perfezionata, ho fatto tantissimi corsi, masterclass, ho studiato con tantissimi Maestri, ho fatto parte dell’Orchestra Giovanile Italiana studiando all’accademia di musica di Fiesole, ho suonato con tantissime orchestre, in formazioni cameristiche, in tantissimi teatri, in Italia, all’estero, in altri continenti.

Insomma, suonavo! Una parte del sogno stava prendendo forma. C’ero riuscita, con le mie forze, lo stavo facendo! Ora rimaneva l’altra parte.

Così nel 2015, con un bagaglio consistente di esperienze e attività per una 25enne, mi sono inserita nelle GPS. Ho avuto esperienze diversissime, musica nella scuola superiore, musica alle medie, sostegno alle superiori, sostegno alle medie poi finalmente violino alle medie. In licei, istituti tecnici, meccanici, scuole perfette, scuole simili a gironi della morte. Da ogni esperienza, da ogni singolo collega con cui ho lavorato, ho imparato tanto, tantissimo.

Così sono passati 8 anni.

E finalmente la mia occasione: concorso straordinario 2020 per A030, educazione musicale.

Ho fatto la domanda, ho fatto il concorso. Ho aspettato con un’attesa corrosiva gli esiti, poi, dopo 8 lunghi mesi eccolo: superato! Evviva!!!

Poi l’inizio dell’incubo : una mail dall’Usr Lazio di appena 3 righe che mi liquidava, ero depennata dalla graduatoria dei vincitori. Perché?!

Dopo giorni e giorni di attacchi di panico da manuale come non ne avevo avute nemmeno a 17 anni, la risposta: il suo anno specifico sulla materia è stato prestato su un grado di scuola superiore rispetto a quello per cui concorre.

Come se a un insegnante universitario di storia che fa un concorso per insegnare storia alle superiori si dicesse che si ok l’ha vinto ma il suo anno di servizio all’università non è idoneo per insegnare alle superiori sulla stessa materia.

Eccolo, questo stupido, insignificante, cavillo burocratico, per il quale io, Ministro, ho scritto anche al signore che questo bando l’ha redatto, sa? E che mi ha risposto che “si era assurdo, avevo ragione, è stata una negligenza per mancanza di tempo nella stesura del bando”.

Allora ho pensato, cosa posso fare per avere giustizia? Devo fare ricorso? Ebbene si, proprio quello che ho fatto. Sprecando soldi tempo e salute perché quello che dovevo impugnare era il bando e non l’esito della prova, peccato che non potevo impugnare un bando in 60 giorni dall’uscita dello stesso senza sapere quello che sarebbe successo dopo!

Sono andata in depressione, lei si immagina? Vedere tutti i tuoi colleghi salire sopra la tua testa, senza che tu possa fare nulla, eppure quella prova l’hai superata, vuol dire che le cose le sai, che sei in grado, che quell’abilitazione, quel ruolo te li meriti, in fondo non fai così schifo, no?

Poi, cercando di non sprofondare negli abissi della mia mente ho detto “beh via, coraggio, c’è ancora lo straordinario per l’abilitazione, ti eri iscritta anche a quello, ok non è il ruolo che meritavi ma niente non è”. Niente, sparito nel nulla, concorso pagato e volatilizzato.

Io ero certa che avrei superato lo straordinario, e così è stato. Per quello non mi ero iscritta, ero sicura delle mie capacità, ero sicura, sono sicura, che quel posto me lo meritavo. Perché la musica è la mia vita, iniziata da una scuola media musicale, proprio il posto dove voglio insegnare.

Poi ultimamente mi hanno detto “Silvia, è fatta, c’è un nuovo straordinario!” siiiii ho pensato!

Oggi sono usciti i posti disponibili e sono tutti a più di 400km di distanza da dove vivo, da dove ho la mia famiglia, il mio compagno, i miei amici, la mia Orchestra, tutto quello che ho costruito, nonostante tutte le difficoltà, in questi anni, con rinunce, fatica, sudore, perché mai niente mi è stato regalato e tutto quello che ho me lo sono conquistata da sola.

Perché, Ministro?

Perché devo scegliere, perché devo rinunciare a tutto quello che ho per un lavoro che avevo ottenuto, con merito, nella mia regione e che mi è stato tolto per un cavillo burocratico?

Mi dicono ma no, sei giovane, vedrai, quante ne dovrai vedere ancora, uuu, capirai, la scuola è questo, la scuola è così, la meritocrazia non basta, ci vuole anche fortuna.

Io entro ogni giorno in classe, dai miei alunni di violino, cercando di dare indietro il 1000% ogni giorno di quello che mi è stato dato, dell’amore per la musica che mi è stato donato e raccolgo ottimi frutti, ed è solo questo che mi da la forza di andare avanti, anche stavolta.

Ma non è giusto, e non è facile trovare infinite e inesauribili fonti di forza dentro se stessi.

Siamo umani anche noi. La depressione è sempre in agguato e per quanto si cerchi di resistere, queste riforme, questa burocrazia, questi parametri ogni anno casuali, ogni volta così tanto lontani dalla realtà di noi lavoratori, di noi persone che in fondo vorremmo solo avere finalmente la tranquillità di fare il proprio lavoro nella stessa scuola per tutta la vita con gli stessi diritti dei propri colleghi di ruolo, poterci permettere un mutuo, magari fare una famiglia, beh tutte queste cose ci danno calci in faccia ogni giorno.

Io sono solo una goccia in questo mare di problemi e disagi che la popolazione vive e racconto solo la mia piccola storia.

So che non servirà a molto, purtroppo, perché oramai, seppure ho “solo” 32 anni, non ci credo più, ma se questo può farla riflettere un secondo di più, con più umanità, su quello che stiamo passando, ne sarò contenta.

Silvia Stella