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Il Miur dice basta alle diagnosi di iperattività a scuola

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All’interno di un istituto scolastico non possono essere realizzati test di carattere psicologico al fine di realizzare verificare se un bambino è iperattivo: l’indicazione arriva direttamente dal Ministero dell’istruzione, che nei giorni scorsi ha inviato una circolare ai Direttori scolastici regionali nella quale si stabilisce con chiarezza che la diagnosi di sindrome da deficit di attenzione e iperattività di un giovane (in gergo medico Adhd) non può essere realizzata a scuola attraverso test o questionari, ma va svolta necessariamente nelle strutture sanitarie.
“La diagnosi di Adhd – si legge nella circolare firmata da Sergio Scala, Vice Direttore Generale – non può essere effettuata attraverso la somministrazione nelle scuole di questionari relativi allo stato psichico ed emozionale degli alunni. Gli eventuali interventi debbono avvenire all’interno di strutture sanitarie pubbliche e sotto lo stretto controllo degli operatori sanitari qualificati, e su precisa richiesta delle famiglie”.
Nel testo viale Trastevere fa anche presente che “il processo di rilevazione della sindrome è complesso ed i sintomi non sono necessariamente sintomi dell’Adhd, ma possono essere spiegati con cause di tipo ambientale e di natura psicologica”. Ed anche qualora, continua Scala, venga “accertata la presenza” di agitazione e distrazione riconducibile all’Adhd “e prescritta la terapia farmacologica” dalle istituzioni mediche di competenza “la somministrazione a scuola dovrà avvenire secondo le indicazioni contenute nell’atto di Raccomandazioni predisposto dal ministero della P.I d’intesa con il Ministero della Salute in data 25.11.2005”.
Viale Trastevere prende così posizione su delle vicende scolastiche – casi di cronaca scolastica che avevano come protagonisti bambini iperattivi – sollevate nei mesi scorsi, anche attraverso interrogazioni parlamentari e denunce alla magistratura, da parte di comitati ed associazioni in difesa di alunni e famiglie. Questi erano stati valutati all’interno delle loro scuole e a volte frettolosamente curati attraverso la somministrazione di psicofarmaci, calmanti ed anti-epilettici. Medicinali che secondo la tese delle associazioni in difesa degli studenti non sarebbero stati per nulla necessari e, oltretutto, portatori di effetti collaterali non indifferenti.
Attraverso la circolare il Miur ha chiesto anche ai responsabili regionali dell’istruzione di segnalare “alle istituzioni scolastiche di competenza” eventuali interventi a favore degli psicofarmaci promossi nelle scuole da associazioni non qualificate “affinché eventuali analoghi episodi siano immediatamente portati all’attenzione degli Usr di competenza ed alla scrivente direzione generale”.
La circolare del Miur è stata accolta con soddisfazione da coloro che nei mesi scorsi hanno denunciato l’attività di associazioni che, a loro volta, proponevano nelle scuole dei `corsi’ rivolti a genitori ed insegnanti per propagandare l’uso di psicofarmaci per bambini troppo agitati e distratti. Tra i più entusiasti è Luca Poma, portavoce del Comitato per la farmacovigilanza in età pediatrica `Giù le Mani dai Bambini’: “Finalmente – ha fatto sapere – un punto fermo, nel rispetto della tutela della salute dei bambini. Un anno fa, grazie al sostegno della `Federazione autotrasportatori italiani’ lanciammo il progetto `Scuola protetta’ per sensibilizzare i genitori e gli insegnanti alle prese con problemi di comportamento dei bambini: a scuola si va per studiare e non per essere sottoposti a screening o presunte diagnosi come accade negli Stati Uniti, dove sono milioni i minori in cura con psicofarmaci”.
Il leader dell’associazione sostiene che il problema è più grande di quanto si possa pensare e che va ricondotto principalmente alle diagnosi troppo spesso errate perché stilate in conteste non idonei. Semplice irrequietezza si scambia in questi contesti, anche scolastici, in sindromi di iperattività: “i nostri specialisti – dice il portavoce – confermano che i disagi del comportamento dei più piccoli raramente hanno a che fare con delle patologie, mentre quasi sempre sono campanelli di allarme, una richiesta di attenzione per problemi di natura sociale, ambientale, psicologica, familiare od educativa”.
Per il portavoce del Comitato per la farmacovigilanza in età pediatrica le scuole non possono sostituirsi alle strutture sanitarie: “Il rischio che denunciamo da tempo – dice sempre il rappresentante di `Giù le Mani dai Bambini’ – è di far diventare le scuole una sorta di `anticamera dell’Asl’. Ben venga quindi questa circolare, ed aggiungo che ora va mantenuta alta la guardia: ogni irregolarità nelle scuole andrà segnalata sollecitamente alle autorità ministeriali”.
Per mettere la parola fine alla vicenda, il Comitato confida nell’approvazione di un Progetto di Legge bipartisan, del quale è relatrice l’On. Mariella Bocciardo (Pdl), membro della Commissione parlamentare per l’infanzia, che limiterebbe la somministrazione di psicofarmaci ai bambiniai soli casi strettamente necessari .