Home I lettori ci scrivono Il mondo è in guerra, cosa può mai fare la scuola?

Il mondo è in guerra, cosa può mai fare la scuola?

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Il problema delle Guerre, nell’Era dell’Intelligenza artificiale e dei social media, è prima di tutto un problema culturale e sociale. Le GUERRE, alle soglie del terzo millennio, si combattono dentro le trincee di un’informazione sbilanciata, asfittica, povera di pluralismo, concentrata sui dictat dei grandi leader, fedeli alla “religione” del denaro e del potere, al centro di contese territoriali, economiche e geopolitiche.

È in atto uno spietato bellicismo di retroguardia prodotto da velleità economiche e prima ancora dalla sete di potere e di protagonismo. Sembra il copione di un’amara commedia umana già vissuta e rappresentata sul palcoscenico del Mondo otto decenni fa. La percezione è che in questo tempo si stia “riscrivendo” il triste canovaccio della tragedia umana della guerra dove ognuno ha una parte da recitare: c’è chi all’interno del palcoscenico si muove mostrando ora la forza (con le parole) ora gesta belliche con i feroci e drammatici bombardamenti. Tragicamente e spietatamente veri.

Poi ci sono gli avamposti strategici dove molti “attori” si “celano” rimanendo in silenzio, sotto un omertoso telo nero. Perché il silenzio può salvare, nascondere, coprire, rendere impermeabili alla sofferenza, neutralizzando l’ingiustizia fino a renderla normale. Ed è proprio qui, in questi avamposti bui e desolati che si consuma la vera tragedia umana: l’indifferenza, il silenzio, la normalità della guerra. L’abnegazione ad un materialismo sbilanciato e disumanizzato, proiettato in milioni di palcoscenici del Mondo. Al centro della scena purtroppo “attori” innocenti muoiono: voci “fuori campo” decidono le sorti di milioni di vite umane, vittime sacrificali che non possono nascondersi in nessun avamposto perché i Grandi della terra hanno già deciso per loro.

Come diceva Pablo Neruda, “Le guerre sono fatte da persone che si uccidono senza conoscersi… per gli interessi di persone che si conoscono ma non si uccidono.”

La tragedia della guerra è prima di tutto una sconfitta di ideali: l’annichilimento dei valori, la disumanizzazione della vita e l’imbarbarimento delle relazioni umane, delle disuguaglianze e dell’ingiustizia sociale. È in questo retroscena tragico e impietoso che la guerra trova linfa, vita. Futuro. La guerra diventa lo schermo annebbiante e feroce di una umanità che galleggia nella solitudine e nell’indifferenza imbrigliata nella paura per il futuro.

Perché la Guerra che si vede in televisione è il segnale delle numerose piccole guerre che l’umanità combatte ogni giorno: le guerre domestiche, della Scuola, delle Istituzioni, della Politica, dei giovani, del lavoro, della cultura, dell’informazione… Guerre “nascoste” che si combattono senza tregua, che creano malcontento, sofferenza, disordine: la guerra dei “raider” in giro per le strade, rischiando la vita per accontentare i capricci di altri uomini. La guerra delle Famiglie sempre più in crisi e sempre più sole. La guerra dei giovani senza un futuro, con lavori sottopagati e demansionati o in giro per il Mondo con nel cuore la nostalgia del borgo natio. La guerra della politica infangata, sottomessa e autoreferenziale.

La guerra della cultura sempre più relegata ai margini della partecipazione e in uno stato di semilibertà (basti ricordare la battaglia di Donald Trump contro l’Università di Harvard con il divieto di accesso all’ateneo per tutti gli studenti stranieri). La guerra silenziosa e sotterranea della Scuola italiana che fatica a tenersi in piedi dopo i tagli di quasi 6.000 posti dell’organico dei docenti e oltre duemila posti del personale Ata, il taglio di oltre settecento istituti con il ‘dimensionamento’ e la prospettiva di uno spaccamento del sistema scolastico nazionale con le autonomie, la fuga dei cervelli con i 560 mila giovani, di cui 45 mila laureati, tra i 18 e i 34 anni che hanno lasciato l’Italia.

Una scuola che urla da una cattedra o da un’aula universitaria che c’è ancora speranza per un mondo migliore. Che la fratellanza è la strada per la Pace, che la cultura aiuta ad essere liberi. Che la libertà, come diceva Gaber, è partecipazione. E sarà proprio la scuola a sconfiggere la mafia “attraverso un esercito di maestri elementari”, come affermava un grande scrittore, Gesualdo Bufalino.

Francesca Carone