
Nulla di anormale, possiamo stare tranquilli. Quando molti genitori di oggi soffrono della sindrome di iperprotettività e sono disposti a fare di tutto (o quasi) perché i loro amati pargoli non abbiano nulla a soffrire, non vivano alcun minimo stato di ansia, non venga segnato il loro giovane e innocente volto da alcuna lacrima ‘scolastica’ né da alcuna smorfia di apprensione e preoccupazione, ci si deve aspettare anche quello di cui, in questi giorni, si è assai dibattuto; ossia l’assenza a scuola degli alunni (alunni senza alcun piano personalizzato), con la benedizione dei genitori, per evitare interrogazioni a sorpresa; solo le interrogazioni programmate infatti sembrano lecite per i ‘parenti’.
Nulla di anormale dunque, ma qualcosa di pericoloso per il futuro dei giovani (non di tutti fortunatamente) esiste. Certo è cosa buona e giusta cercare di programmare la propria vita fin dalla giovinezza, ma non si può programmare tutto. Nel corso dell’esistenza ci saranno sempre degli imprevisti, delle variabili, degli eventi inaspettati che faranno saltare (o cambiare sostanzialmente) ogni programma stabilito. Occorre dunque imparare, a partire dall’età scolastica, a non affidarsi solo a una programmazione, ma a saper operare anche in caso di imprevisti, con coraggio, inventiva, volontà e intuizione.
Ma restiamo alla scuola. È ovvio che l’alunno deve presentarsi a scuola preparato in ogni materia (almeno a un livello di sufficienza) ed è altrettanto ovvio che spesso non vi si riesce. Allora che fare? Rinunciare alla scuola con il ‘placet’ dei genitori? Grande errore (degli alunni e, ancor di più, dei genitori). In questo modo si rischia di ‘creare’ delle persone fragili, in difficoltà a controllare naturali momenti di ansia e tensione, minimamente flessibili, incapaci nella vita a fronteggiare ogni possibile cambiamento o accadimento contrario ai loro programmi. Persone poco autonome, poco indipendenti e, mentalmente, poco agili e reattive.
Niente interrogazioni programmate, dunque, ma studio approfondito e completo di tutte le materie (per quanto possibile), a casa e a scuola (attraverso l’attenzione alle spiegazioni e alle interrogazioni dei compagni), unito, se necessario, a una certa dose di inventiva e creatività. Anche queste attitudini possono risultare utili in certe contingenze (ed occorre svilupparle) per limitare i danni.
Altra accortezza (e questo i ragazzi lo sanno benissimo) è imparare a conoscere le modalità di azione di ogni docente: come conduce un’interrogazione, quali sono le domande più frequentemente rivolte, quale forma ‘stilistica’ predilige nelle risposte, quali gli argomenti o autori preferisce, se interroga a sorteggio o sceglie a caso, se, rigorosamente, finisce un giro di interrogazioni prima di iniziarne un altro o no, se, in generale, interroga su un solo argomento o se ritiene più valido chiedere collegamenti tra vari argomenti, quali sono le sue ‘fissazioni’.
Insomma, osservare con precisione e arrivare a conoscere bene il docente (e di questo i ragazzi sono maestri) aiuta anche quando le interrogazioni non sono programmate e la preparazione non è del tutto sufficiente.
E poi consideriamo: è tutto improvvisato nelle interrogazioni? Le verifiche scritte certamente no, così neppure le ‘interrogazioni’ scritte. In fondo, poi, anche le interrogazioni orali vertono su un determinato numero, non certo infinito, di tematiche (e su questo occorre fare attenzione), senza spaziare (o lo si fa raramente) attraverso tutto il programma svolto fino a quel momento.
Se poi un’interrogazione dovesse andare male, non si deve farne un dramma. Ci sarà altra occasione per rifarsi. Questo bisognerebbe spiegarlo agli alunni ma, soprattutto, ai genitori (educare i genitori prima degli alunni) per evitare che, senza volerlo, rendano i loro figli sempre più deboli, remissivi, non autonomi, complessati, patologicamente ansiosi, impotenti nel reggere le ‘pressioni’ e non attrezzati a controllare e superare gli imprevisti e le eventuali insidie del domani.
No, niente interrogazioni programmate (per fortuna molti genitori lo stanno capendo e anche molti docenti lo hanno capito), non fosse altro perché, spesso, chi dovrebbe essere interrogato non si presenta e mette nei guai i compagni e nell’indecisione il docente.
Piuttosto, visto che si tende alla responsabilità e alla maturità degli allievi, opterei per le interrogazioni volontarie, non previste prima (molti insegnanti concordano e già attuano questa ‘modalità’ di interrogazione). Uno o più allievi si propongono, quel determinato giorno, come volontari (e volenterosi) per l’interrogazione, ovviamente all’insaputa del docente (il professore, poi, oltre ai volontari può interrogarne anche altri, che non si sono offerti, a sua discrezione).
Forse si potrebbe sperimentare o implementare questa ‘terza via’, anche attraverso un’azione comune e collaborativa tra genitori e insegnanti, perché i ragazzi crescano preparati e forti, ben tetragoni a vivere nel mondo (qualunque esso sia) che verrà. Che sia questo un giusto ‘compromesso’ tra interrogazioni non previste e programmate?
Andrea Ceriani