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La bidella sciopera, la scuola chiude e il sindaco insorge. Ma la colpa è altrove

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Sta facendo il giro della Penisola la notizia di una scuola del genovese costretta a chiudere lunedì 15 febbraio perché senza più bidelli e il sindaco imbufaluto.

Dei tre collaboratori scolastici in servizio – presso un plesso dell’istituto comprensivo De Andrè, sito preso Castiglione Chiavarese, piccolo comune della val Petronio, dove sono attivate delle classi di scuola dell’infanzia e primaria -, due risultano assenti giustificate e la terza aderirà allo sciopero proclamato dal Saese.

Solo che di fronte a questa possibilità, con 150 alunni che rischiano fortemente di non fare lezione, il primo cittadino ha alzato la voce, minacciando una denuncia per interruzione di pubblico servizio.

La scuola fa parte dell’istituto comprensivo che gestisce altri due complessi nei comuni di Casarza Ligure e Moneglia e, come tante altre scuole, deve fare i conti con problemi di organico imposti dal taglio dei fondi statali.

“Senza il personale di controllo i bambini possono correre dei rischi”, ha spiegato la dirigente scolastica motivando la chiusura per mancanza di sicurezza. E non è possibile, francamente, dare torto alla preside, perché senza un minimo di sorveglianza una scuola con tanti bambini dai tre ai dieci anni non può funzionare.

Cosa si potrebbe fare? Di sicuro, le due Ata assenti non possono essere “precettate”: una è ricoverata in ospedale e l’altra è a casa in base alla Legge 104/92 che autorizza permessi a chi deve assistere dei familiari o affini con percentuali elevate di disabilità o con malattie che non ne permettono l’autonomia.

 

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La preside, allora, potrebbe andare a scovare una norma del nel regolamento sugli scioperi, in particolare sulla formazione del contingente minimo, in modo da chiedere alla collaboratrice scolastica che aderisce allo sciopero di rivedere la sua decisione e rimanere servizio.

Tuttavia, a meno che non vi sia un regolamento d’istituto, concordato con le Rsu, che preveda particolari necessità (ad esempio l’accensione dei riscaldamenti, gestita direttamente dalla scuola, con il bidello precettato in possesso del patentino di gestione delle caldaie o di bidelli necessari per esigenze imprescindibili), si tratterebbe di un’eventualità davvero difficile da praticare. La Flc-Cgil, del resto, è molto chiara su questo argomento: “non è prestazione indispensabile l’apertura della scuola, né la generica vigilanza all’ingresso o all’interno della scuola o di tutti i plessi”, scrive il sindacato.

E allora? Forse il problema andava previsto a “monte”. Quando il Governo, con la Legge di Stabilità di fine 2014, ha negato la possibilità ai capi d’Istituto di supplire i primi sette giorni di assenza di un collaboratore scolastico, come di un tecnico o un amministrativo.

La norma, che avuto effetto pratico dal 1° settembre scorso e coinvolge pure i docenti, ma solo per il primo giorno, avrebbe dovuto prevedere delle eccezioni più larghe. Invece, il legislatore, forse troppo preso a rispettare i conti pubblici e meno il funzionamento delle scuole pubbliche, si è limitato a dire che si deroga solo nei casi in cui “le istituzioni scolastiche” abbiano un “organico di diritto” con “meno di tre posti”. E la circolare Miur che aprirebbe alla deroga per nominare comunque proprio bidelli supplenti, in casi di emergenza, è utilizzata in modo residuo. 

In effetti, una “speranzella” di non veder chiusa la scuola ligure ci sarebbe: quella di spostare nella sede rimasta scoperta un’unità di personale normalmente impiegato in un’altra sede. La scuola ha già fatto sapere che spostando una persona si creerebbe “un buco in un altro complesso”.

Ma se in un altro plesso dello stesso istituto autonomo, lunedì vi saranno due o tre bidelli, non dovrebbe essere poi così difficile chiedere ad uno di loro spostarsi. È vero, si creerebbe un buco, ma andrebbe a comporre una “toppa” davvero provvidenziale. Ancora di più perché la bidella scioperante ha annunciato le sue intenzioni.

Mentre la situazione sarebbe diventata davvero ingestibile, laddove la donna avesse aderito alla protesta nazionale, senza però esprimere la sua volontà di scioperare.

 

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