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La “mala educación” di Matteo Renzi

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Alcuni giorni fa ho contattato G. per sapere quali test d’ingresso avrebbe affrontato all’Università di Palermo (senza tralasciare l’ignobile prassi della “selezione” in ingresso alle Università, selezione che costringe tanti diplomati a “provare” più test per non correre il rischio di saltare l’iscrizione, un misto di selezione di classe e di quella che mi piace chiamare “selezione onirica”), era un’appassionata di filosofia ed aveva espresso il desiderio di continuare a studiarla, mi ha confessato di aver cambiato idea per “questioni lavorative” ed aver scelto un’altra strada. Dopo un attimo di delusione ho risposto con convinzione: “hai fatto bene”, avevo da poco terminato la lettura della buona scuola di Renzi ed avevo visto scritto: “coding e pensiero computazionale nella primaria e piano “Digital Makers” nella secondaria. Diffusione dello studio dei principi dell’Economia in tutte le secondarie … “. Scegliendo filosofia G. non avrebbe fatto parte della scuola del futuro, nella  “mala educación” di Renzi bisogna costruire “passioni tristi”!!

La “mala educación” di Renzi è una compassionevole concessione di posti di lavoro in cambio di una professione sottopagata e concorrenziale, figlia di una società in cui il valore economico è un indice del valore sociale, un progetto limpido che attraverso l’azione combinata del potere mediatico sulle coscienze degli spettatori e di una politica improntata alla destrutturazione del lavoro, vuole sedimentare la separazione tra modello positivo-perdente (riconducibile alla sfera culturale ed etica) e modello negativo-vincente (sfera della sicurezza economica e della produttività).

La “mala educación” di Renzi vuole solo cristallizzare questa metamorfosi attraverso un gioco di crediti didattici e formativi acquisiti partecipando a corsi di associazioni professionali formate da professionisti della formazione (generalmente docenti che hanno smarrito per demotivazione la strada dell’insegnamento e che propinano corsi motivazionali sull’essere insegnanti …), un scuola delle “super autonomia” che determinerà un ulteriore proliferazione di figure apicali, per lo più ruoli di “controllo” che anziché snellire il sistema scuola determineranno un ulteriore burocratizzazione insostenibile, snaturando l’idea di un luogo di lavoro sociale e collettivo, trasformandolo in semplice attività lavorativa spersonalizzante.

Nella “mala educación” di Renzi il dirigente scolastico diventa “dispensatore” di voti, pagelle, punizioni, non più docente tra i docenti ma “capo” della scuola pronto a scegliersi i propri docenti, con la creazione di un “gruppo” di fedelissimi meritevoli di premialità, a cui sarà delegato anche il compito di controllare (delazione) l’agire quotidiano dei colleghi operai sulla catena di montaggio della produzione finale. Siamo dinanzi all’introduzione di criteri meritocratici di dubbia oggettività che tendono a spezzare il carattere “comune” del sistema scuola e ad  annullare  qualsiasi vincolo di solidarietà, mirando a svuotare di “senso” e quindi di “potere decisionale” i grandi istituti collettivi del mondo della scuola: collegio docenti ed assemblee dei lavoratori.

Le quattro P della “mala educación” di Renzi sono chiare: “produttività”, “premio di produzione” ,“performance individuale”, “precarietà di ruolo”.

Dopo le pseudo-riforme gelminiane della scuola primaria, secondaria di primo grado e secondaria di secondo grado, che hanno cambiato il volto della scuola italiana vampirizzando risorse e rendendo impossibile la normale gestione quotidiana  dell’attività didattica, la nuova frontiera che attende la scuola italiana, definitiva distruzione dell’istruzione pubblica statale nel nostro paese, è la combinazione di valutazione, privatizzazione e eliminazione dei diritti. La lotta di “tutti contro tutti”, la spinta al successo meritocratico e l’ottenimento di valutazioni positive saranno il motore dell’acquisizione di maggiori competenze professionali.

Il progetto è chiaro, la meritocrazia  diventerà un pericoloso strumento di gestione del personale da parte della dirigenza, avendo quest’ultima il potere di condizionare le progressioni di carriera e l’attribuzione degli incarichi all’interno delle singole istituzioni scolastiche, trasformando lo “spazio” scuola in un “grande fratello” dove ogni professionalità sarà osservata e spiata, dove ogni singola scelta pedagogica sarà processata e verificata, dove ogni gesto e ogni parola entreranno a fa parte del grande armadio kafkiano della schedatura burocratica.

In tutto questa “mala educación” resta solo uno spazio chiaro di opposizione e resistenza per la “buona scuola”: la classe! Per difenderlo forse resteremo con lo “stipendio” base fino alle pensione, rinchiusi in quel 33% di non meritevoli che ogni giorno entrano in classe solo per aiutare a pensare e non computare, anti-innovatori per eccellenza perché figli di una scuola in cui gli studenti sanno riconoscere chi “de-forma” e chi educa.

Il premier ha partecipato alla ruota della fortuna, oggi continua a girarla nel tentativo di indovinare la frase … Matteo urla la “buona scuola”, ma poi la valletta gira le caselle ed esce scritto la “mala educación” !!