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Maturità 2025, quali sono i corsi di laurea che garantiscono lavoro? I dati Almalaurea

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Bene ingegneria, informatica e ambito medico-sanitario. Male psicologia, lettere, arte e design. Sono queste, secondo il XXVI rapporto Almalaurea, le facoltà universitarie che garantiscono le migliori – e le peggiori – opportunità lavorative dopo la laurea. Numeri che interessano da vicino gli oltre 500 mila studenti che, proprio in queste ore, stanno concludendo gli esami di maturità, molti dei quali sono già proiettati verso l’università. La possibilità di trovare lavoro, scrivono i tecnici di Almalaurea, conta parecchio sulla scelta della facoltà. In un Paese, l’Italia, che soffre ancora di un’alta disoccupazione giovanile. “Tra i 15-29enni italiani, indipendentemente dal titolo di studio, il tasso di disoccupazione ha raggiunto nel 2023 il 16,7%, valore più che doppio rispetto al 7,7% registrato per il complesso delle forze di lavoro”, si legge infatti nel rapporto. Malgrado ciò, la disoccupazione giovanile nel complesso “risulta in calo sia rispetto al 2022 sia rispetto al 2019”. Scegliere la facoltà giusta può servire a non ritrovarsi in questo gruppo.

Lavoro, le facoltà che premiano dopo un anno

Nel dettaglio, Almalaurea ha analizzato il tasso di occupazione a uno e a cinque anni dal conseguimento del titolo (prendendo in considerazione gli anni di laurea 2018 e del 2022), per i titoli di primo e di secondo livello. Quest’ultimo gruppo comprende anche le magistrali a ciclo unico, come giurisprudenza. A un anno dalla laurea di primo livello, il tasso di occupazione “risulta decisamente elevato per i gruppi disciplinari informatica e tecnologie ICT (89,6%) e medico-sanitario (87,2%)”. Medicina, inoltre, è anche l’ambito che garantisce “livelli retributivi e di efficacia della laurea tra i più alti”. Il tasso di occupazione invece è più basso “tra i laureati dei gruppi psicologico (53,5%), letterario-umanistico (53,8%) e arte e design (58,3%)”. Venendo alle lauree di secondo livello, il tasso di occupazione a un anno “è decisamente elevato, per i gruppi informatica e tecnologie ICT (90,4%) e ingegneria industriale e dell’informazione (90,1%)”. L’occupazione invece è bassa “nei gruppi giuridico (53,3%), psicologico (54,5%), ma anche in quello letterario-umanistico (60,8%) e in arte e design (62,7%)”.

Il tasso di occupazione a cinque anni dal titolo

Per quanto riguarda il tasso di occupazione a cinque anni dalla laurea, “si può parlare, sostanzialmente, di piena occupazione (con valori superiori al 90%) per i laureati – di primo e secondo livello – dei gruppi ingegneria industriale e dell’informazione, medico-sanitario e farmaceutico nonché economico”. Per i laureati di primo livello, inoltre, “si aggiungono anche i gruppi informatica e tecnologie ICT, agrario-forestale e giuridico, mentre per quelli di secondo livello anche il gruppo architettura e ingegneria civile”. Anche in questo caso, le facoltà con esiti occupazionali più modesti riguardano “i gruppi arte e design, letterario-umanistico, politico-sociale e comunicazione, linguistico e, per i laureati di secondo livello, anche giuridico”. Va detto che per le valutazioni a cinque anni il tasso di occupazione minimo “è prossimo o addirittura superiore all’80%”. In generale, insomma, sul medio-lungo periodo avere un titolo di studio universitario paga.

Il divario territoriale e l’impatto di genere

Il tasso di occupazione, precisano da Almalaurea, non dipende soltanto dalla facoltà scelta. A pesare sono anche altri fattori, territoriali e di genere. In merito alla ripartizione geografica, per esempio, “i laureati del Nord hanno il 39,3% in più di probabilità di essere occupati rispetto a quelli del Mezzogiorno“. Quanto al genere, i dati mostrano “la migliore collocazione degli uomini, che presentano il 15,2% di probabilità in più di essere occupati rispetto alle donne, a un anno dal titolo”. Da non sottovalutare, infine, “fattori legati al contesto familiare, alle performance di studio e alle esperienze lavorative svolte durante gli studi, che incrementano le possibilità occupazionali”. Chi ha svolto un tirocinio curriculare, per esempio, “ha il 6,6% di probabilità in più di essere occupato a un anno dal conseguimento del titolo rispetto a chi non ha svolto tale tipo di attività”. Allo stesso modo chi ha svolto un periodo di studi all’estero “ha maggiori probabilità di essere occupato a un anno dal conseguimento del titolo (più 17,1%)”.