
Ho letto con interesse l’articolo in oggetto.
Da tempo penso che la seconda prova di lingua all’esame di “maturità” sia diventata di una facilità non solo imbarazzante, ma addirittura scandalosa.
A cosa servono anni di studio della storia letteraria se poi al massimo si chiede una comprensione del testo (che poi non è neppure necessariamente ‘letterario’) testata con crocette vero/falso, domande a scelta multipla, qualche scarna domandina aperta sul contenuto (guai a proporre domande tese a elaborare una vera ‘literary appreciation’) e per finire la redazione di un testo di 300 parole che, per la maggior parte, nulla hanno a che vedere con la conoscenza di fatti letterari?
Da ex-insegnante di inglese – che a suo tempo aveva frequentato il linguistico (quando ancora era soltanto ‘legalmente riconosciuto’ e prevedeva come prova finale con la redazione di un tema a partire da un titolo di 3 righe) – molte volte mi ero posto questo quesito, senza darmi una risposta plausibile.
E’ stato un mio rovello specialmente perché in confronto, la versione di latino del classico è sempre rimasta di pari difficoltà e, a onor del vero, la prova di matematica dello scientifico, se possibile, pare essere diventata negli anni pure più impegnativa.
Oggi leggendo il Vs articolo ho sciolto il nodo gordiano. Un docente di inglese si spertica a sostenere che fondamentalmente la prova non era troppo facile e cerca di tacitare malumori vari. In buona fede ho voluto leggere questa prova (prima che diventassero quello che sono, ritagliavo i giornali e le conservavo religiosamente con i relativi commenti- anche critici come uno che ricordo di Sergio Perosa pubblicato sul Corriere della sera)… ebbene alla prima riga mi sono fermato. Ho avuto la strana e sgradevolissima impressione di non capire più l’inglese (idioma per il quale ho una competenza certificata a Cambridge con esame di Proficiency nel 1993, materia in cui mi sono poi laureato e addottorato e che ho a lungo insegnato). La prima frase “Click, click, click, said the moc crocs” non aveva alcun senso per me. Poi ho letto la nota a fondo testo e qualcosa mi è balenato… insieme al senso della frase però c’era qualcosa di ancora più sorprendente e rivelatore come “The Tell-tale Heart” di Poe.
Solo che qui non si tratta del cuore rivelatore, bensì dell’errore rivelatore. Ho controllato il testo originale che è “Click, click, click, said the mock-crocs”. Così ho avuto la prova di quello che non osavo ammettere a me stesso.
Non solo gli studenti del linguistico non sono più in grado di fare le prove di una volta, ma neppure al Ministero sanno trovare ‘specialisti’ capaci anche solo di copiare un testo senza errori e, d’altronde, c’è chi da insegnante commenta le prove senza dimostrare di averne colto gli errori… prassi che, in sede valutativa, può avere precise implicazioni.
Sì perché non si tratta di un semplice refuso, “MOC” in inglese è un sinonimo di “muck” (sporcizia) oppure come abbreviazione indica tutt’altro (“man of colour” “mother of the chapel” o anche “moccasin” – ma si tratta di poi di un uso limitato) e comunque senza l’associazione col trattino Crocs avrebbe dovuto iniziare con una maiuscola, trattandosi di una marca. Insomma, passando per le finte Crocs… si è giunti ai finti anglisti.
Non se ne può quindi fare una colpa agli studenti! Per quanto mi riguarda, acclarato quanto sopra, dopo la prima riga ho smesso di leggere il testo, come facevano i miei bravi insegnanti che, sottolineato un certo numero di errori marchiani, smettevano di correggere perché valutavano comunque la prova inferiore al 4.
Luca Rossi