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Piattaforme per la DAD, dati dei minori in pasto alle multinazionali: il Ministero cosa intende fare?

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Durante la pandemia, il ricorso alla didattica a distanza è stato un passaggio obbligato. La DAD, è innegabile, ha fatto sì che la scuola non si fermasse e ha rappresentato inoltre una svolta tecnologica importante alla quale il nostro Paese ha dovuto adeguarsi in fretta.

La velocità con la quale è stato messo in piedi tutto il “sistema” non ha però consentito di porre particolare attenzione ad un aspetto fondamentale: la privacy e i diritti dei minori.

È per questa ragione che il 6 luglio le onorevoli Sarli, Suriano, Ehm e Benedetti (gruppo Misto, Manifesta, Potere al Popolo) hanno presentato un’interrogazione parlamentare, rivolta al Ministro dell’Istruzione, per sapere che cosa il Ministero intenda fare relativamente alle piattaforme utilizzate nella scuola italiana per la DAD, dopo la pubblicazione del rapporto di Human Rights Watch e ialcuni recenti pronunciamenti di diverse autorità garanti.

Cosa dice il rapporto

Il rapporto è un’indagine globale sulla tecnologia educativa (EdTech) approvata da 49 governi per l’istruzione dei bambini durante la pandemia. Sulla base dell’analisi tecnica e politica di 163 prodotti EdTech, Human Rights Watch rileva che i governi hanno approvato piattaforme di apprendimento online che mettono a rischio o violano direttamente la privacy dei bambini e i loro diritti, per scopi estranei alla loro istruzione.

Nella fretta dovuta all’emergenza pandemia, pochi governi hanno però verificato se l’EdTech che stavano rapidamente approvando o procurando per le scuole fosse sicuro per i bambini.

Secondo l’indagine di Human Rights Watch, la maggior parte delle piattaforme di apprendimento online ha inviato o concesso l’accesso ai dati dei bambini a società di terze parti, di solito società di tecnologia pubblicitaria (AdTech). In tal modo, sembra che abbiano consentito ai sofisticati algoritmi delle aziende AdTech l’opportunità di analizzare questi dati per rilevare gli interessi personali del minore. L’accesso a queste informazioni potrebbe quindi essere venduto a chiunque (inserzionisti, broker di dati e altri) che voglia rivolgersi a un gruppo definito di persone con caratteristiche simili online.

Cosa si chiede con l’interrogazione parlamentare

Queste le richieste avanzate nell’interrogazione parlamentare del 6 luglio al Ministro dell’Istruzione:

  • se intenda intraprendere tutte le iniziative di competenza per proteggere i dati personali degli insegnanti, degli studenti, in particolare quelli con bisogni educativi speciali, e delle scuole che ad oggi usano software di grandi gruppi statunitensi;
  • se non valuti, eventualmente, di adottare iniziative, anche di tipo normativo, volte a garantire i dirigenti scolastici di fronte a possibili ricorsi, sanzioni e procedimenti penali conseguenti all’uso di strumenti lesivi della privacy;
  • se intenda fornire alle scuole indicazioni relative all’uso di software libero che utilizzano formati aperti per dati e documenti e che diano garanzie rispetto alla raccolta e all’uso dei dati;
  • se non intenda adottare iniziative affinché i corsi di formazione digitale obbligatori per i docenti siano orientati a diffondere la cultura del software libero, dei formati aperti e della tutela dei dati propri e altrui sulla rete;
  • se non valuti di effettuare una ricognizione nazionale dell’hardware attualmente a disposizione delle scuole, delle reti di scuole, degli uffici scolastici regionali per effettuare un censimento e prevedere, eventualmente, misure sia per la dotazione di hardware sia per la sua manutenzione tecnica.

Si legga anche il comunicato di Potere al Popolo