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Riforma Buona Scuola, i sindacati vogliono smontarla col Piano B: contratto e leggi delega

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Il Governo Gentiloni non sembra avere intenzione di mettere mano alla Legge 107/15: l’Atto d’indirizzo firmato l’antivigilia di Natale dal neo-ministro Fedeli parla chiaro.

L’intento rimane quello di “proseguire nel processo d’implementazione e completa attuazione della Legge 107 del 2015“, ha scritto nero su bianco il responsabile del Miur.

Ora, ammesso pure che l’esecutivo cambi idea, riteniamo che l’unica via possibile per modificare in modo perentorio la “Buona Scuola” è per forza di cose quella legislativa: come già spiegato dal nostro Reginaldo Palermo, non essendoci i tempi tecnici per approvare una legge ordinaria, si potrebbe pensare ad un decreto legge adottato dal Governo attraverso il Consiglio dei Ministri.

Al momento, però, ad essere realisti, un’ipotesi del genere rientra nella “fantapolitica”. Lo sanno bene i sindacati. I quali, tuttavia, non si rassegnano a vedere messi in atto i vari ambiti territoriali, la chiamata diretta, l’assegnazione del “merito” che passa per il dirigente scolastico e altro ancora.

Per disinnescare gli effetti considerati nefasti all’interno della 107/15, i rappresentanti dei lavoratori hanno allora escogitato un “piano B”. Che non può passare per Governo e Parlamento. Ma per il rinnovo contrattuale e quella decina di decreti delegati della L. 107, i quali dovranno per forza di cosa essere approvati nel corso dei prossimi mesi (attraverso un decreto che farà slittare di due-tre mesi la data di scadenza naturale, gennaio 2017, prevista sempre dalla “Buona Scuola”).

Nelle loro intenzioni, la via contrattuale, da adottare in linea con l’intesa di massima sottoscritta a fine novembre al ministero per la Pubblica amministrazione, servirebbe a garantire stipendi più “gonfi” per tutti, il sicuro mantenimento degli scatti di anzianità automatici e anche delle modalità più democratiche (riducendo il potere dei ds) per l’assegnazione del bonus annuale. Con le indicazioni degli organi collegiali, collegio dei docenti in primis, a pesare di più di quanto avviene oggi.

A completare il “piano B” dei sindacati sarebbero, poi, le leggi delega. In particolare, quella che riguarda il reclutamento e la mobilità dei docenti, che tanti problemi ha creato nel primo anno di attuazione degli ambiti territoriali. Sicuramente, come già evidenziato da Lucio Ficara, si potrebbe andare a creare un doppio “regime”, decidendo di lasciarvi fuori più della metà di coloro che fanno domanda di mobilità, ovvero escludendo dagli ambiti tutti coloro che sono stati assunti fino all’anno scolastico 2014/15 compreso.

 

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Ma anche per gli immessi in ruolo dalla “Buona Scuola” in poi, si potrebbero escogitare delle modalità meno rigide e più “umane” di quelle adottate la scorsa estate, quando tante migliaia di docenti sono stati impiegati su cattedre o potenziamento non consoni alle abilitazioni acquisite. Oppure sono stati messi su cattedra a centinaia e centinaia di chilometri da casa, per poi tornare (in parte) attraverso assegnazioni provvisorie su posti (quasi sempre nemmeno attinenti ai propri) creati pure fuori tempo massimo.

Inoltre, anche altre leggi delega – come quella sulla formazione del personale – potrebbero avere la stessa funzione “depotenziante” della riforma Renzi-Giannini.

Queste sono, almeno, le intenzioni dei sindacati. Sulle quali noi continuiamo comunque ad avere qualche perplessità, perché i contratti (ma anche gli stessi decreti attuativi) non possono in modo diretto derogare a delle norme di legge, ancora di più perchè creerebbero un vulnus di carattere etico-politico, visto che sono state approvate dai due rami del Parlamento.

“Però la legge ha dettato le linee generali della norma – ribatte un sindacalista confederale con cui ci siamo confrontati – che ora possono essere in qualche modo deviate, soprattutto alla luce della loro inapplicabilità, dimostrata dalla mobilità allucinante e alle scelte discrezionali a cui abbiamo assistito nel 2015. Al ministro Fedeli lo abbiamo detto e nell’incontro del 28 dicembre, quando entreremo nel merito, glielo ricorderemo: la via del rinnovo del contratto e delle deleghe, con all’interno una serie di specifiche tecniche ad hoc, che sanerebbero tanti problemi della 107, è più che fattibile”.

La domanda allora è: come come riuscirà a districarsi, in questa situazione, il ministro dell’Istruzione? Accetterà il “Piano B”, facendo prevalere la sua “anima” da ex sindacalista Cgil, anche a costo di esporsi alle probabili bocciature di Mef e Funzione Pubblica? Oppure continuarà a percorrere la mission del suo predecessore Stefania Giannini? Presto ne sapremo qualcosa di più.