Home Politica scolastica Si torna in classe, tra consultazioni e proteste

Si torna in classe, tra consultazioni e proteste

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Si ricomincia. Il 15 settembre prenderà il via il nuovo anno scolastico in una quindicina di regioni. Dopo di che mancheranno all’appello solo gli alunni di Puglia e Sicilia, che torneranno sui banchi martedì 17 settembre. Entro un paio di giorni, quindi, i circa 8 milioni di alunni italiani saranno di nuovo in classe.

Nelle stesse ore prenderà anche il via la consultazione on line sulle linee guida relative alla riforma, presentate dal Governo solo una decina di giorni fa: per il presidente del Consiglio potrebbe addirittura durare un anno, un’eventualità che lascia non poco perplessi. A tal proposito, Renzi farrebbe bene a spiegarsi meglio.

L’anno prenderà il via con oltre 30mila docenti e Ata finalmente immessi in ruolo. E con la prospettiva di vedere altri 150mila prof da assumere entro un anno. Più 620 dirigenti scolastici neo-assunti, che però non basteranno per coprire i tanti posti da ds rimasti scoperti: a conti fatti rimarranno scoperti oltre 700 posti come capo d’istituto.

Come prassi, anche quest’anno ci saranno le proteste degli studenti che annunciano flash mob davanti agli istituti scolastici. Come non poteva mancare l’allarme per il caro-libri, con il Codacons che minaccia denunce per quelle scuole che sforeranno i “tetti” del Miur.

Intanto, da Ferrara, il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, dichiara che “il 15 settembre dovrà essere per i giovani una data felice e non di rimpianto per spiaggia o montagna”. Giannini, che il 15 settembre sarà in un istituto tecnico agrario della capitale, ha aggiunto di aspettarsi che “tutto il Paese si interroghi sulle grandi questioni: dalla valutazione alla formazione degli insegnanti, dalle nuove competenze al consolidamento delle grandi competenze che l’Italia possiede, nella storia dell’arte, nella musica, nelle discipline umanistiche, ma senza dimenticare le lingue straniere”.

Poche ore prima, il premier Renzi ha sottolineato che “la riforma non si fa sulla testa degli insegnanti, ignorandoli, né sulla testa dei genitori” e che la riforma sarà “discussa per un anno perché andremo per un anno casa per casa, scuola per scuola“. L’attaccamento del premier per la scuola, tra l’altro, rimane alto: Renzi per il primo giorno di scuola ha programmato una visita in una scuola simbolo di Palermo, intitolata a don Puglisi, il sacerdote assassinato dalla Mafia 21 anni fa. E come lui faranno diversi ministri, recandosi negli istituti da loro frequentati da studenti.

Dai sindacati maggiori, infine, parte la campagna #Sbloccacontratto: una raccolta di firme del personale della scuola, che già nel titolo annuncia le intenzioni. “La lettura incrociata dei provvedimenti del Governo mostra – spiega la Uil scuola – che dal 2015 non varrà più l’anzianità e fino al 2018 non partirà il meccanismo degli aumenti per ‘merito’. Il risultato? Nessun aumento, per nessuno per altri tre anni. Retribuzioni ferme fino al 2019. Un meccanismo di riduzione che per il triennio 2016-1018 vale oltre un miliardo di euro. Tutto ciò è inaccettabile e contrasta con l’esigenza di riconoscere il valore del lavoro di chi ogni giorno fa funzionare la scuola”.

Sull’allarme stipendi insiste anche l’Anief, che – scrive l’Ansa – ricorda come i docenti italiani guadagnino quasi in media il 30% in meno rispetto ai loro colleghi europei e la metà dei colleghi tedeschi e denunciano che il Governo Renzi vuole “proletarizzare definitivamente la categoria” bloccandoli fino al 2018.