Home Università e Afam Università, in arrivo la riforma dell’abilitazione dei prof

Università, in arrivo la riforma dell’abilitazione dei prof

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“Grazie al lavoro congiunto fra il Governo e il Parlamento ieri è stato approvato in commissione Affari Costituzionali alla Camera dei deputati un importante emendamento al decreto sulla P.A. che riforma l’Abilitazione scientifica nazionale dei docenti universitari”. È quanto rende noto il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, attraverso un comunicato emesso nella serata del 25 luglio.

“Il nuovo sistema – sottolinea Giannini – rende più snella la selezione e responsabilizza gli atenei: la qualità delle loro assunzioni peserà sulla quota premiale del Fondo di finanziamento che ricevono ogni anno. In attesa che il decreto diventi legge – chiude Giannini – il Ministero sta già lavorando ai provvedimenti attuativi per poter far partire quanto prima la terza tornata di abilitazioni con la nuova procedura”. L’emendamento approvato prevede, fra l’altro, che la terza tornata sia indetta entro il prossimo 28 febbraio 2015. La durata dell’abilitazione sarà di 6 anni e non più di 4. Serviranno 10 e non più 12 pubblicazioni minime per poter partecipare. La domanda potrà essere presentata in qualunque momento dal candidato. Con un regolamento del Miur si stabilirà il tempo limite entro il quale chi fa domanda dovrà essere valutato. Chi non risulta abilitato potrà ripresentarsi per lo stesso settore e per la stessa fascia di docenza trascorsi 12 mesi dalla precedente candidatura.

La portata delle novità introdotte dall’emendamento, proposto dal PD, sarebbe quindi sostanziosa. Oltre al commento del Ministro, è arrivato anche quello di Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir: “molti punti introdotti dall’emendamento al decreto di riforma erano necessari – dichiara il sindacalista – e sono quindi condivisibili. È mancato però il coraggio di ripristinare la figura del ricercatore a tempo indeterminato, sul cui ruolo insiste il maggiore carico della didattica e il cui reclutamento, rispetto a quello di associati o ordinari, porterebbe evidenti risparmi di finanza pubblica. Sono già più di 40mila i giovani ricercatori che non trovano posto nei nostri atenei. Né è stata adottata ancora la Carta europea dei Ricercatori che annovera come ricercatori tutti coloro che hanno conseguito il titolo di dottore di ricerca, hanno avuto un assegno o svolto attività di docenza”.

“Su questi punti – conclude il rappresentante Anief-Confedir – è bene che l’Aula della Camera e di Palazzo Madama riflettano bene, perché senza sapere non c’è speranza di rilanciare il nostro Paese: abbiamo già bruciato diverse intelligenze sacrificandole negli altari del pareggio di bilancio”.