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Un’opinione sulla DDI

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Gentile Direttore,
leggo dalla versione online del suo giornale un breve articolo che cita un intervento sul Messaggero del coordinatore per le scuole superiori dell’Uds di Roma, il quale fa notare un’asimmetria tra il tempo che, chi insegna in epoca di DDI, dedica alle modalità asincrone e quello che dedica alle modalità sincrone.

Eppure a me, che insegno da oltre venti anni, verrebbe da dire: era ora! Troppe volte ho letto e sentito che chi esercita la mia professione prende uno stipendio per un lavoro a tempo pieno lavorando, nel mio caso, appena diciotto ore a settimana. Inutili i tentativi di spiegare che le diciotto ore sono di servizio in presenza e che il grosso del lavoro si svolge a casa, quel lavoro che adesso definiamo come modalità asincrona e di cui emerge solo una parte.

Mi sorprende la preoccupazione di chi, alle scuole superiori, teme il pericolo di non terminare il programma delle diverse discipline perché lascia intendere che, per terminare questo programma, servirebbero più ore di didattica in modalità sincrona, ossia videolezioni.

Eppure le risorse messe a disposizione dalle tecnologie per la didattica, dalle diverse e molteplici piattaforme, gli strumenti di costruzione condivisa tra pari dei saperi in modalità asincrona sono potenti supporti all’apprendimento e all’insegnamento secondo cornici di riferimento pedagogico che fanno riferimento al costruttivismo, alla valorizzazione delle reti neurali, al capovolgimento della classe, potendo arricchire le classi virtuali di materiali di diverse tipologie e origine, utili all’integrazione dei saperi e al rispetto dei diversi stili di apprendimento.

L’utilizzo delle piattaforme per la didattica secondo questi principi favorisce l’autonomia di chi apprende e ne stimola la costruzione di responsabilità individuale e collettiva, caratteristiche fondamentali per comprendere ciò che si apprende senza limitarsi ad imparare ciò che viene trasmesso da un’unica fonte: l’insegnante.

Senza voler fare l’apologia della DAD, considerando l’altissimo valore della scuola in presenza, insostituibile, riconoscendo il rischio di amplificare le disuguaglianze sociali che si sta correndo, concordo con chi afferma che la scuola italiana si è fatta trovare impreparata di fronte alla necessità di ricorrere a forme di didattica a distanza, ma non posso pensare che studenti che si avviano verso la maturità pongano il problema del numero di ore in modalità sincrona.

La vera missione della scuola è insegnare a imparare, offrire strumenti per selezionare le fonti di informazione e per fare sintesi, per costruire abilità sociali e soft skills.

Avrei voluto leggere che agli studenti manca la condivisione delle emozioni, il respirare la stessa aria, il sentire l’energia dei corpi di chi trascorre ore nella stessa aula. Niente di tutto ciò e, tornando indietro nel tempo, non posso esimermi dal ringraziare i miei prof grazie ai quali la maggior parte delle cose che ho imparato, le ho imparate fuori dalla scuola.

Antonia Romano