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Voti e sanzioni disciplinari: per Valditara serviranno per cambiare la scuola, per Fracassi (Flc) sono strumenti punitivi pressoché inutili

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Quella che il Ministro Giuseppe Valditara considera la grande svolta per cambiare il volto della scuola italiana, sarebbe invece per la Flc-Cgil un provvedimento regressivo.

“Votacci e bocciature non sono strumenti giusti per educare al rispetto regole”
sostiene infatti la segretaria generale del sindacato riferendosi alle nuove norme sulla valutazione degli studenti.
Secondo Fracassi il Ministro non ha tenuto minimamente conto dell’allarme espresso negli ultimi mesi da autorevoli esponenti del mondo della pedagogia democratica e delle critiche delle organizzazioni sindacali e delle associazioni professionali, emanando provvedimenti “di stampo sanzionatorio e punitivo, dimostrando di non credere nel potenziale dell’educazione e dell’istruzione come strumenti di prevenzione del disagio e dell’insuccesso scolastico”.

“Secondo la logica ministeriale ispirata coerentemente alla nota pedagogia del merito e dell’umiliazione – continua Fracassi nelle sue dichiarazioni riportate da Adnkronos – i giudizi sintetici nella scuola primaria sanciscono difficoltà e carenze, privando la valutazione della funzione di miglioramento dei processi di insegnamento e apprendimento”.
“Si decreta, inoltre –
aggiunge la segretaria generale – che la scuola, nella fase delicata della pre-adolescenza, non ha strumenti per educare al rispetto delle regole e del bene comune se non ricorrendo a votacci e bocciature”.
“Come Flc Cgil –
conclude Fracassi – siamo certi che la scuola, nel suo complesso, abbia molte più risorse educative di quanto Valditara creda e che saprà reagire a questo suo ennesimo svilimento, mettendo in campo e potenziando le buone pratiche che consentono di agire in un’ottica formativa e non punitiva”.

Per la verità su quest’ultimo punto è molto probabile che la segretaria generale abbia qualche ragione: chi lavora nella scuola da qualche decennio sa benissimo che le riforme (o le regole) poco “gradite” hanno sempre fatto fatica ad imporsi.
Di esempi se ne possono fare in abbondanza.
Negli anni ’70, quando nella scuola elementare erano in vigore i voti, migliaia e migliaia di docenti avevano deciso di usare il “voto unico”, alle volte anche rischiando provvedimenti disciplinari.
Fino al 1985 i Programmi delle elementari prevedevano che la giornata scolastica si aprisse con la preghiera ma la stragrande maggioranza dei docenti disattendeva questa regola.
E che dire della riforma ordinamentale della ministra Gelmini che aveva ripristinato, sempre nella primaria, le classi a tempo normale, cioè a 24 ore: nonostante la pressante campagna mediatica sostenuta anche dalla convinzione che il “popolo di centro destra” del nord Italia avrebbe detto di no al tempo, considerato una “diavoleria” voluta dalla sinistra, le famiglie (persino le stesse che votavano a destra) continuarono a preferire il tempo pieno.

Insomma non bastano le leggi, i regolamenti e le esternazioni dei politici per cambiare i comportamenti individuali e collettivi delle persone.